Lui ha scelto di lottare e continua a farlo per mostrare al mondo la reale situazione di un Paese che le logiche del mercato considerano in costante ascesa, la gallina dalle uova d’oro dei grandi gruppi che si affollano con la loro egemonia strappando brandelli di vite e culture antiche. Un far west annunciato sopravvalutato da molti che hanno raggiunto profitti milionari calpestando diritti e rispetto di un popolo. Nessuno sapeva, io non ero cosciente, finchè un artista ma soprattutto un uomo ha mostrato una realtà terrorizzata dalla polizia in cui vige una censura che ricorda le misure restristrittive del Min.Cul.Pop, sebbene si stia parlando di oggi, 2013, in cui i new media hanno aperto ogni sorta di confine sdoganando verità celate e casi di stato.
“Never Sorry” è il documentario, uscito nel 2011, diretto da Alyson Klaiman che ha dato vita alle azioni di Ai Wei Wei attraverso la ripresa di momenti di vita quotidiana con i suoi gatti, figli e amici o durante la realizzazione di imponenti opere d’arte. Ma anche l’inseguimento, i pestaggi, le umiliazioni messe in atto dal governo. Un progetto che coinvolge, affascina, svuota e riempie, una pellicola che ti getta un secchio di acqua gelata a poco a poco sul corpo finchè non ti svegli. L’intorpidimento è finito, dopo tutto avrà un’altra prospettiva.
Un attivista sociale che ricorda un gruppo di artisti di un tempo che ribadivano concetti come libertà, rispetto, lui condannato, incarcerato, picchiato resiste e realizza dei lavori talmente coinvolgenti dal punto di vista emotivo che è difficile non sentire quel pathos che spesso l’arte contemporanea annulla.
In questi giorni, e fino al 18 maggio, all’Hampstead Theatre di Londra in scena una pièce teatrale #aiww: The Arrest of Ai Wei Wei diretta da Howard Brenton che racconta gli 81 giorni di carcere di Ai Wei Wei facendo infuriare l’inquisizione cinese che non da tregua. Il video teaser dello spettacolo è stato censurato.
“You think this is some kind of theater” the policeman says. “You may be quite well known but I don’t know you at all.”
Perseguitato per aver mostrato il lato oscuro e le profonde contraddizioni del suo Paese è supportato dagli “Ai-fan” con i quali è riuscito a mantenenere un contatto costante tramite i suoi tweet, poche parole cariche di una forza viscerale che ha legato l’artista cinese ad una community web attenta e desiderosa di seguire il suo caso. Questa è una delle più forti forme di aggregazione che ha superato l’incosistenza dei social network e al tempo stesso le barriere fisiche coinvolgendo in un legame profondo i sostenitori della libertà di espressione.
“I’m an artist who is always looking for what is possible”.