Credo che imparare e conoscere cose nuove quando meno te lo aspetti sia una dei momenti più belli della vita. Durante una chiacchierata in inglese, con un get di troppo e un -ing di meno, in una cascina nelle colline toscane che iniziano piano piano a profumare d’autunno, Caroline mi parla di un giovane artista aquilano, suo amico. Andrea Panarelli . Queste tre parole suscitano in me un immediato interesse. La parola giovane, perchè il web magazine per cui sto scrivendo l’articolo è fresco, vivo e nuovo; la parola artista perchè mi piace l’arte e sopratutto quella contemporanea, ed infine la parola aquilano perchè poter parlare e confrontarsi con un’artista che ha vissuto e che sta vivendo in un luogo segnato da una catastrofe come quella del terremoto del 2009 a me non è mai capitato.
Andrea nasce a Zurigo, madre svizzera e padre italiano, si forma presso il “Florence Academy of Art” di Firenze, dove studia anatomia e pittura dal vero. Nel 2011 viene premiato ad Amalfi con “La Bussola d’Oro” per il primo premio in pittura e nel 2010 la sua opera “ A Munnezza” viene esposta ai giardini durante la Biennale di Venezia.
L’ultima mostra personale di Andrea, curata da Camilla Boemio è stata presentata a L’Aquila lo scorso Agosto, dal nome Ioliquido.
Adesso lascio la parola ad Andrea che parlerà di sè e della sua arte, nell’ intervista a cui l’ho sottoposto!
Munari diceva “ L’arte è ricerca continua, assimilazione delle esperienze passate, aggiunta di esperienze nuove, nella forma, nel contenuto, nella materia, nella tecnica, nei mezzi.” Cosa ne pensi a riguardo? Quanto le tue esperienze ti hanno influenzato e in che modo si ritrovano nelle tue opere?
Pienamente d’accordo! Se non è ricerca non si può parlare di arte , in fondo l’artista ricerca nel proprio essere vuoto, manipolando intuitivamente la materia a lui più consona imprimendo ed esprimendo il suo sentire il mondo , la contemporaneità che vive. Inevitabilmente tutto quello che fa parte della sua vita, del proprio vissuto, le immagini,i suoni,le sensazioni che riemergono.
Io mi sento un po’ come un calderone dove butto tutto dentro e poi cuocendo, cuocendo … (naturalmente a fiamma bassa!)… ne esce fuori qualcosa .
Parlami del tuo lavoro “Terraemotus”. Personalmente sono rimasta molto colpita dalla forza di queste opere, e mi chiedo, anzi ti chiedo come è (o come è stata inizialmente) la situazione lavorativa per un giovane artista come te in una città in gravi difficoltà come L’Aquila. Tipo, il lavorare in condizioni poco idonee e la volontà di proseguire comunque.
Ho dato inizio al progetto “Terraemotus” qualche giorno dopo l’evento . Immediatamente ho avuto la necessità di elaborare ciò che era successo , attraverso delle immagini . Eravamo caduti nel buio. Volevo soprattutto dipingere lo stato d’animo di quei momenti , ad esempio il “trittico dei tempi” parla proprio di come ci si sentiva, dell’abbandono, questa forte sensazione di stallo , del voler uscire dal vuoto che il terremoto aveva portato , ma anche dell’incapacità fisica e mentale di muoversi e di estrapolarsi dal dolore che ci affliggeva . Sono dei lavori che ho realizzato dentro al container dove abbiamo vissuto per un anno , con mille problematiche e difficoltà .
E’ stato un progetto molto significativo per me perché mi ha spinto al limite, vivere in quella situazione, se pur depressiva,mi ha fatto capire in modo tangibile cosa significa vivere il momento, lasciando correre il passato e guardando il presente come unica vera condizione reale della propria esistenza.
A quale delle tue opere sei più affezionato?
Non ho una vera e propria affezione per le mie opere , come dicevo prima le opere sono la materializzazione di ciò che sono e di ciò che mi passa per la testa , ho bisogno di esse perché mi permettono di riflettere e di capire me stesso . Direi che è con il lavoro che svolgo in generale , che ho un legame viscerale , insomma sono contento di essere un’artista , di vivere in questi tempi e potermi confrontare con il “sentire” odierno . Ogni giorno è una sfida e non c’è nulla di scritto o predetto che può essere preso come reale, in ogni istante tutto può mutare in un qualcosa che non avremmo mai considerato , e questa sensazione ti porta ad essere aperto e recettivo a tutto , per questo sono contento di aver capito di voler essere un’artista.
L’aneddoto più divertente sulla genesi di un tuo quadro?
Una volta mi capitò di avere un’intuizione molto forte e significativa, così la sviluppai immediatamente e ci lavorai per parecchio tempo, uscirono dei lavori che mi piacevano molto, così mi iscrissi ad un concorso molto importante in svizzera, il mio paese d’origine. Quando andai a documentarmi sulla giuria erano presenti anche degli artisti affermati e scopri che i miei lavori erano molto simili ai lavori realizzati da uno di loro già negli anni ottanta. Mi vergognai molto, insomma non era mia intenzione di riprodurre o addirittura copiare un qualcosa di già fatto. Questa cosa mi dimostrò un concetto che da tempo supponevo, cioè che siamo tutti interconnessi e che le idee viaggiano liberamente nel tempo e nello spazio per poi essere “acchiappate” da chi si mette in una posizione di ascolto … a volte accadono anche dei piccoli incidenti! Ma è un bene.
Da li cambiò radicalmente il mio modo di vedere l’arte , la sua importanza .
L’arte è realmente qualcosa di tangibile che attraversa spazio e tempo ed umanità .
Quali sono gli strumenti, le tecniche con cui preferisci lavorare?
Uso tanti materiali , in realtà tutto ciò che in qualche maniera mi attrae diventa un ipotetico materiale da usare . Quando vedo qualcosa che “sento” ho subito la necessità di stravolgerlo , modificarlo e dargli un qualcosa di mio .
Ultimamente sono attratto dai materiali che si trovano nei magazzini edili o di bricolage, tubi , corde colorate , listelli in alluminio , fil di ferro … e poi i colori , sono innamorato dei colori.
Quali progetti per il futuro ci sono nel tuo cassetto?
Hehe, quel che c’è nel cassetto è un segreto … a volte anche per me!!!
A Dicembre ci sarà una doppia personale con me e Monia Marchionni , un’artista che stimo molto, al Museo del Territorio di Pievebovigliana nelle Marche , dove l’antico incontrerà il contemporaneo, facente parte di un progetto di mostre diffuse intitolate “Troumbling Space”.
Sto continuando la mia ricerca sulle “forme amiche” , un progetto ispirato ad un testo di Zygmund Bauman, “La modernità liquida”,che mi ha toccato profondamente perché estremamente attuale. Ho voluto sviluppare il “sentire e sentirsi liquido” in pittura, realizzando una mostra personale lo scorso agosto, ma che sento la necessità di approfondire . Poi sono alla presa con svariati altri progetti che ancora devono prendere forma per bene. Spesso mi capita di avere un’idea che poi metto da parte per poi riprendere in futuro, a volte devo crescere io stesso per riuscire ad esprimere al meglio il pensiero che mi ha attraversato.
Quali sono gli artisti contemporanei italiani/stranieri dei quali ammiri il proprio lavoro?
Sono tantissimi, ultimamente sono rimasto impressionato dai lavori di Shaun Gladwell , la sua ricerca sull’equilibrio oltre ad essere significativa è bellissima! Andrea Dojmi, lavori stupendi , poi Tamara Repetto , bellissimi i lavori di Cassander Eeftinck… di grande comunicazione la street art , Anish Kapoor , Gerhard Richter , Pipilotti Rist , e tanti tanti altri … Sento spesso dire che l’arte contemporanea sia vuota ed incapace di segnare il tempo che viviamo, ma per quanto mi riguarda come mi giro trovo sempre , in ogni artista un’espressione meravigliosa , e forse più di qualsiasi epoca precedente noi possiamo lavorare con la massima libertà d’espressione .
Ho letto che hai una passione per i libri e che è raro vederti senza un libro nel taschino.
Quindi la mia domanda sorge spontanea… che libro ti stai portando dietro con te?
Dunque vediamo … nel taschino sinistro “La strada” di McCarthy , nel taschino destro “Poème de l’angle droit” di Le Corbusier , nei taschini dietro “Cristo fra i muratori” di Pietro di Donato e “Un altro giro di giostra” di Terzani , nella giacca … taschino interno “Tropico del cancro” di Miller ,… poi passiamo alla libreria portatile che ho sempre con me inchiodata sulla schiena! … hahaha no , a parte gli scherzi ,… io ho una certa sindrome nei confronti dei libri , mi piace comprarli , tenermeli e quindi anche leggerli , ma sono un lettore particolare perché me li gusto piano piano.
Al momento sto finendo di leggere “Sulla strada” di Kerouak ed i “Diari” di Keith Haring , molto interessante quest’ultimo perché ci fa vedere uno spaccato della vita di questo grande artista, le ansie, le gioie , i pensieri sul suo lavoro , le sue angosce … insomma , cose d’artista !
Articolo e intervista a cura di Elisabetta Lami!