IL MIO REGNO NON E’ DI QUESTO MONDO – Gustav Klimt allo Spazio Oderdan

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Organizzata da Alef cultural project management, la mostra allo Spazio Oberdan è  uno dei molti eventi internazionali che celebrano il 150° anno dalla nascita del Maestro austriaco.

 Il Fregio di Beethoven, trentaquattro metri di lunghezza per tre pareti del Palazzo della Secessione di Vienna, fu dipinto da Gustav Klimt nel 1902 in occasione della XIV esposizione del movimento modernista.

L’esposizione fu una celebrazione corale del grande compositore attorno cui si formò un vero e proprio culto, alimentato soprattutto dalla venerazione di musicisti del calibro di Franz Liszt e Richard Wagner. L’esaltazione dell’amore, della forza del genio umano volto al superamento dei propri limiti terreni divenne per Klimt e compagni  l’incarnazione degli intenti secessionisti.

Il fregio di Beethoven fu concepito come parte di un percorso espositivo che prevedeva un’esperienza sinestetica legata al concetto wagneriano  di arte totale in cui la musica era pienamente coinvolta.

 Ma passiamo al pezzo forte della mostra (ovviamente solo abile riproduzione del fregio) e al suo creatore:

Gustav Klimt, il massimo interprete della Secessione viennese era un uomo piuttosto schivo. Si diceva di lui che  “non valeva molto a parlare o a scrivere, e che perciò, per saperne di più su di lui come artista, occorreva osservare attentamente i suoi dipinti, per rintracciarvi chi era e cosa voleva”.

Modernità, eclettismo, edonismo estetico, simbolismo allegorico, sono queste le componenti che contraddistinguono la sua arte ma non solo. Attraverso il percorso tracciato dalla mostra si è potuto osservale l’ambivalente kunstwollen dell’artista tra la sfarzosa apoteosi visiva e sensoriale della trasposizione sinfonica della Nona Sinfonia di Beethoven ed i 15 schizzi originali che la accompagnano. I raffinati linearismi, i corpi sinuosi e le preziosità bizantine contrastano con i tratti essenziali, spigolosi, talvolta sgraziati delle figure disegnate, dimostrandosi chiaro elemento di rottura con la cultura d’accademia, nonché i tratti di una profonda crisi sociale ed esistenziale .%name IL MIO REGNO NON E DI QUESTO MONDO   Gustav Klimt allo Spazio Oderdan

In tutta l’arte di Klimt aleggiano infatti i presagi della tragica rovina del mondo asburgico e vi si possono rintracciare già le componenti espressioniste dell’avanguardia tedesca del 900: tuttavia prevale ancora un’interpretazione sublime, salvifica dell’arte, in grado dinobilitare l’uomo attraverso l’esaltazione dei sensi e dello spirito. Unica possibilità per contrastare l’inarrestabile caduta dell’umanità è la ricerca della Poesia ed è questo il tema metaforico del Fregio e del percorso iniziatico del Cavaliere-artista che lo compie.

Il Cavaliere con la sua armatura pesante e spigolosa è costretto ad affrontare il regno infernale di Tifeo, bestia primordiale che rappresenta l’ottusità e la cupidigia materialistica umana e delle inquietanti figure femminili personificazioni di vizi e peccati che attanagliano l’esistenza umana.

 %name IL MIO REGNO NON E DI QUESTO MONDO   Gustav Klimt allo Spazio OderdanL’impavido cavaliere  riuscirà a non farsi corrompere dalle tentazioni e ne esce vittorioso attraverso il secondo pannello: “anelito alla felicità” dove il bianco e l’oro risaltano in tutto il loro potere astrattizzante e dove, nella ricerca spassionata della Poesia l’eroe viene come trascinato dalle eleganti flessuosità dei corpi femminili ridotti quasi soltanto a motivo decorativo.

%name IL MIO REGNO NON E DI QUESTO MONDO   Gustav Klimt allo Spazio OderdanGiunto finalmente al momento della liberazione. In un giardino celestiale punteggiato da rose e preziosismi, raggiunge finalmente l’anelata Poesia con cui corona l’estasi amorosa spogliato delle sue armi in un fantasmagorico abbraccio trionfante quanto abbandonato ed immerso nel coro di fanciulle che intonano l’Inno alla Gioia di Mahler.

“Il mio Regno non è di questo Mondo”, scrive Klimt, ed è la stessa citazione che ritroviamo nel saggio di Wagner 1846 dedicato a Beethoven per sottolineare la funzione liberatrice della musica in contrasto con la corruzione del mondo terreno.

Dimenticavo! Ad aprire la mostra vi sono gli splendidi manifesti originali ed alcune edizioni della celebre rivista “Ver Sacrum” realizzati dai compagni secessionisti Koloman Moser, Alfred Roller, Ferdinand Hodder e Leopold Stolba. Le raffinatissime opere grafiche tra eleganti linearismi geometriche astrazioni volevano diffondere le idee teosofiche  e promulgare la Gesamtkunstwerk, ovvero la poetica dell’arte totale.

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 Vi auguro una piacevole visita ed un’esperienza mistico-trascendentale!

E. Macioci

SPAZIO OBERDAN

Viale Vittorio Veneto 2

4 Febbraio – 6 Maggio

http://www.klimtmilano.com/