Il labirinto di Franco Maria Ricci

un progetto visionario fatto di bambù

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Ho sempre trovato poco affascinante la campagna emiliana, con il suo susseguirsi di capannoni industriali che sorgono su una pianura a perdita d’occhio. Da Maggio di quest’anno però c’è un motivo per addentrarsi nella zona di Parma/Fidenza, e non sono i saldi di un noto outlet che sorge in quella provincia, ma un enorme labirinto di bambù.

Torniamo indietro di 20 anni. L’editore, designer, collezionista e bibliofilo Franco Maria Ricci, dopo aver dedicato la sua vita all’arte e alla sua casa editrice, decide di concentrare tutte le sue energie nella realizzazione di un sogno: costruire un meraviglioso labirinto, un giardino magico e  simbolico.

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Nella tradizione mitologica il labirinto rappresenta un luogo pericoloso. Franco Maria Ricci invece vuole dargli una accezione positiva, come di un Eden in cui è bello vagare, un labirinto mentale dove perdersi e poi ritrovarsi.

Nei pressi di Fontanellato, borgo storico, il complesso che ospita la fondazione sorge su otto ettari di terreno, disegnato da Ricci stesso insieme con gli architetti Pier Carlo Bontempi e Davide Dutto. Un progetto ambizioso che si ricollega ad una lunga serie di “giardini speciali” nati dalla fantasia, dai sogni e dalle mente visionaria di grandi donne e uomini in tutte le epoche , come il giardino di Bomarzo, o il giardino dell’artista Niki De Saint Phalle (di cui abbiamo parlato qui e qui).

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Un progetto in cui il Labirinto racchiude e quasi protegge un patrimonio culturale di grande valore: la collezione d’arte di Franco Maria Ricci, la sua biblioteca (dedicata principalmente ai volumi da lui editi ed a una collezione di volumi sui caratteri tipografici) e le sale che ospitano mostre temporanee (attualmente Antonio Ligabue).

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A completare il progetto, una cappella, due lussuose suites, un caffè bistrot, un ristorante stellato ed un book shop.

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La collezione spazia da una jaguar d’epoca a busti del Canova, passando per illustrazioni di Ertè e arte sacra.  Sazi di arte e volumi colti, ci si addentra  in questo dedalo di bambù di circa venti specie differenti, da quelle nane a quelle giganti. Una pianta resistente che non  si ammala, non si spoglia d’inverno, e assorbe grandi quantità d’anidride carbonica. Persino il pavimento a parquet degli edifici è stato realizzato con lo stesso materiale, per una maggiore coerenza dell’intero progetto. 

Speravo di perdermi, invece, piantina alla mano, la soluzione è fin troppo semplice. Non per questo non è un’esperienza singolare soprattutto se vissuta in solitaria. Nel labirinto non c’era nessuno, avendo noi scelto di accederci in un caldo primo pomeriggio di fine Luglio, con un cielo che minacciava temporale,  puntualmente scatenatosi a metà del percorso.

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Una volta trovata l’uscita, come in un percorso catartico, si accede ad una  struttura monumentale che culmina con una torre triangolare, simbolo del divino.

Ma non finisce qui. Franco Maria Ricci intende partire da questa grande opera per promuovere la riqualificazione della campagna padana, il restauro del paesaggio proprio attraverso l’utilizzo della pianta di bambù, per ridonare bellezza alla terra in cui è cresciuto e che al di la dei capannoni è stata e continua ad essere una regione ricca di tesori e di storia.

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Foto : Vincenzo Apperti

prenotazioni online: www.labirintodifrancomariaricci.it