L’odore della carne un tempo fresca pervade lo spazio. E’ pungente, acre, l’avevo immaginato così quando per la prima volta vidi la foto di Vanitas: Flesh dress for an albino anorectic.
Un percorso allestito nelle locations della galleria Raffaella Cortese che si snoda tra le opere che da fine anni ’70 hanno reso celebre Jana Sterbak quale una delle maggiori esponenti dell’indagione corporale contemporanea.
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Da Chair Apolinnaire, la poltrona mutante in pelle umana e filo di ferro che identifica il rapporto tra eros e morte, alle strutture che hanno cannibalizzato la carne e ingabbiato il corpo generando il conflitto tra natura fisica e artificio, prigione e metafora dell’esistenza. Jana attacca la sensibilità comune, scatena l’io, alimenta il desiderio fisico dietro le sbarre. Il corpo è indagato, ispezionato, rivela tutto il retaggio della body art in cui era considerato un mero supporto dilaniato oltre i limiti, svuotato fino allo sfinimento verso il distacco, il post-organico.
“voglio farvi sentire come mi sento io; c’è del filo spinato attorno alla mia testa e alla mia pelle graffia la mia carne all’interno”
Non riesco ad immaginare che la signora ritrosa e riservata che incontro oggi nella galleria sia la stessa che completamente nuda si cospargeva il capo di polvere da sparo e si dava fuoco. La stessa che aveva inscenato Distraction, la performance che vedeva due uomini vestiti da sera e due donne, una indossava una divisa come “camicia di forza” l’altra un abito trasparente dal quale fuoriuscivano peli maschili. Simboleggiavano rispettivamente i contrasti culturali del ruolo della donna: la mancanza di autonomia femminile e l’invidia penis dell’altra.
Jana Sterbak. Human condition: the limits of our freedom fino al 8 febbraio 2014
Da martedì a sabato dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19:00 e su appuntamento. Chiuso domenica e lunedì.
Galleria Raffaella Cortese
via a. stradella 7 – 20129 milano
t +39 02 2043555