SHEPARD FAIREY aka OBEY – in mostra a Milano

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Fino al 15 giugno 2012, la Galleria Federica Ghizzoni e Heineken presentano la mostra “Print and Destroy”, la prima grande esposizione personale a Milano di Shepard Fairey aka OBEY (“obbedire”, la parola inserita sotto il suo primo sticker, che ormai ha fatto storia, che illustrava il wrestler the Giant). Le opere di Obey, riconoscibili sia per lo stile illustrativo che ha sempre utilizzato per le strade, che per i soggetti, scelti con cruda ironia e intelligente polemica, raggiungono fama e mercato internazionale quando Obama vince le elezioni e diviene presidente degli Stati Uniti. Shepard Fairey infatti nel 2008 realizza un poster con un ritratto dell’allora deputato americano, dal titolo “Hope”, speranza. Obama vince e l’opera diviene un simbolo. Il suo autore non solo ottiene la consacrazione di writer tra i più famosi al mondo, di fianco a un nome come quello dell’inglese Banksy (con la differenza sostanziale che di Obey si conoscono nome, cognome e volto!), ma raggiunge anche il suo scopo: diffondere un’intenzione, in questo caso quella di “avere speranza”. Dunque “il medium è il messaggio”, per parafrasare uno dei maestri di Obey, Marshall McLuhan, e  inquadra lo scopo dell’opera, insieme alla reazione dell’utente per le strade.

Le 60 serigrafie esposte presso la galleria Federica Ghizzoni rispondono al motto di Fairey, “Question everything”, discuti qualunque cosa.  È con questo spirito che l’americano realizza le sue opere, dall’aspetto quasi ornamentale, ma dal contenuto fortemente denso: personaggi politici, come George W. Bush coi baffi da Hitler; paesaggi urbani falsamente romantici, perché rovinati da industrie, smog e ripetitori, come in “These sunsets are to die for”; simboli di diverse razze, culture e religioni riletti in maniera ironica; messaggi sociali e messaggi contro la guerra; o ancora personaggi riconoscibili come Cassius Clay, o una parodia dello zio Sam con in mano sei teschi a rappresentare sei diversi valori – diritti umani, democrazia, pace, giustizia, privacy, libertà civile – che l’artista considera morti, ma con una chiara indicazione: “fate come dice, non come agisce”. 

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Shepard Fairey, classe 1970, incomincia nel 1984 come illustratore e graphic designer su skateboards e magliette; nel 1989 si impadronisce dei muri delle sue strade con una campagna di stickers grazie alla quale è riconosciuto dalla gente; studia a Boston dove espone per la prima personale nel 2009 presso l’Institute of Contemporary Art, dunque consacrato all’interno di un Museo: da un pubblico di amici e studenti, al target elitario dell’arte e alle copertine del New York Times.
Dal 2008 a oggi si registrano 257 passaggi in asta con un venduto del 77% . Oggi l’artista vive e lavora a Los Angeles. Tra i graphic-designer e illustratori più celebri degli Stati Uniti, lascia opere nelle collezioni dello Smithsonian, del Los Angeles Country Museum of Art, del MoMA, fino al Victoria & Albert Museum di Londra.

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