Un evento epocale, attesissimo e discusso come del resto ogni azione dell’irriverente Damien Hirst!
Di seguito i motivi per cui secondo noi è importante non perdere questa esposizione.
1. Perché non è una mostra convenzionale, è uno show
La visita è introdotta dalla leggenda di Cif Amotan II, uno schiavo affrancato originario di Antiochia che tra il I e il II secolo d.C. accumulò uno straordinario tesoro. Il vascello che trasportava questa collezione affondò nell’Oceano Indiano. Nel 2008 Damien Hirst decise di finanziare un’operazione di recupero ed esporre le opere ritrovate.
Un progetto che non ha precedenti, dieci anni di preparazione e quattro mesi di allestimento, 189 opere esposte, costi di produzione milionari che fanno pensare ai set hollywoodiani.
2. Perché siamo stati tutti bambini affascinati da relitti e misteri lontani
La mostra inizia con questa frase “Somewhere between lies and truth lies the truth” a Punta della Dogana, struttura costruita nel XVII secolo che assomiglia alla prua di una nave, in cui ci si aggira tra mastodontiche statue corrose dal mare ricoperte di (veri o finti?!) coralli e conchiglie. Si apre con un calendario bronzeo che ricorda la Piedra del Sol, uno dei calendari aztechi utilizzati per impostare le date delle cerimonie religiose e per predire eventi di portata capitale, come l’Apocalisse. Questo è solo uno dei molti oggetti che richiamano al mondo antico come un viaggio nel tempo dal risultato straniante.
Per rendere tutto più credibile un video illustra l’attività di ritrovamento delle statue adagiate sul fondo dell’Oceano.
Statue che rappresentano una sfilza di personaggi e manufatti realizzati con materiali antichi, preziosi e contemporanei che vanno dai busti di divinità egizie, greche e induiste alle statue di Topolino, Pippo, modellini dei Transformers, Mowgli che gioca con l’orso Baloo e lo stesso artista che si spaccia per Cif Amotan.
Ma l’opera che colpisce più di tutte è una gigantesca statua bronzea decapitata di 18 metri, piazzata all’ingresso nel cortile interno di Palazzo Grassi. Non si sa bene chi raffiguri: forse l’antica divinità babilonese Pazuzu, il re dei demoni e del vento, o forse, come suggerisce il Financial Times, l’ego dell’artista che sembra urlare “perché posso permettermelo”!
3. Perché dopo un decennio Hirst propone un nuovo progetto
Il suo ritorno l’ha voluto fare in grande infatti è da dieci anni che sta lavorando a questo progetto di cui non era stata diffusa quasi nessuna anticipazione prima dell’opening ufficiale.
Statue giganti, statuette, cimeli vari, icone votive, reperti, monili e poi pietre preziose, oro a volontà, malachite, marmi pregiati… La multidisciplinarietà e l’uso incredibile di materiali diversi non può che non catturare l’attenzione dello spettatore. Altrettanto affascinante è la rappresentazione della caducità dell’uomo con sculture funerarie, urne, teschi come l’artista ha sempre rappresentato in quanto costantemente ossessionato dalla morte.
Tutto è un gioco, artificio, una critica al mondo dell’arte, oltre che la creazione di una storia che genera un grande mito, come ha detto lo stesso Hirst: “tutto sta in quel che volete credere”.
4. Perché per la prima volta un unico artista occupa gli spazi di Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Venezia
Non gli bastava una location ma ben due riempite di centinaia di opere e oggetti! Questa è la prima mostra per cui entrambi gli spazi della Fondazione Pinault sono dedicati contemporaneamente a un unico artista. Una scenografia incredibile con opere giganti, molte create con materiali preziosi e un percorso didattico attraverso i miti della storia antica e le icone contemporanee.
5. Perché Damien Hirst è un genio!
Hirst cavalca il momento alla lotta alle fake news facendo parlare esponenti dell’arte e non della sua nuova impresa. Un genio del marketing che ancora una volta è riuscito a catalizzare l’interesse, imprimendo un’importante svolta a una carriera che stava rischiando pesantemente di portarlo a fondo come la sua nave, metafora implicita la sua come la storia dello schiavo liberato che diventa un ricco collezionista, così com’è successo a lui, da artista povero cresciuto a Bristol diventato famoso e anche collezionista.
La storia intorno alla mostra è affascinante, tocca le corde del mistero attraverso narrazioni leggendarie tramandate oralmente fatte di pirati, tesori dispersi e un velo di misticismo.
Un’esposizione degna figlia di Game of Thrones, un gioco che va dal verosimile all’anacronistico: l’Antico Egitto si ibrida con Jeff Koons, il classicismo con Vezzoli, la civiltà minoica con Banksy il tutto condito dalla dea Yolandi dei Die Antwoord, Topolino e i suoi amici! Una sorta di parco a tema con un approccio più concettuale che nessuno dimenticherà mai soprattutto per il messaggio sottointeso: “il cucchiaio di oggi è la reliquia meravigliosa di domani”.