Questa rubrica nasce dalla mia necessità di trovare nell’arte un mondo altro, di vedere realizzato lo scenario del sogno per raggiungere lo straniamento più totale.
Difficile immaginare che elementi semplici, quotidiani, enormi conglomerati di comuni materiali industriali possano essere protagonisti delle spettacolari installazioni site specific di Tara Donovan. Artista newyorkese di 38 anni studia la materia e le sue composizioni, sfrutta le reazioni degli elementi per creare delle forme dinamiche tra natura e artificio. Le sue sono forme vive, infinite come una moltiplicazione cellulare per osmosi che sembra mutare a seconda del punto di osservazione.
Tazze, bicchieri, bottoni, vetrini, carta catramata, materiali inorganici disegnano sculture e coinvolgono lo spettatore nelle intrinseche meraviglie della natura.
Potremo quasi identificarla come un’esponente dell’arte povera contemporanea ma la definizione più adeguata la vede inserita nella generative art perchè la sua non è una ricerca volta alla simulazione dei processi vitali ma piuttosto costruzioni e architetture determinate dall’algoritmo.
Considerate tra le opere scultoree più interessanti dell’arte contemporanea, ma soprattutto tra le artiste donne più di talento del momento, Tara Donovan è alla stregua di arti-star quali Anish Kapoor, Marc Quinn e Richard Serra. I suoi lavori spesso banalizzati quali opere minimaliste, sebbene risentono di quella corrente pulita e rigorosa, fanno riferimento alla parte più ironica e sottile della corrente che ricorda artisti come Sol LeWitt.
“Molto del processo di creazione artistica risiede nel saper prestare attenzione, si tratta di guardare e saper cogliere le cose”.