Per quanto concerne l’organizzazione dei viaggi esistono due categorie di persone.
I primi programmano quasi tutto prima della partenza e si documentano ben bene sulla meta scelta. I secondi invece acquistano biglietti aerei alle tre del mattino non sapendo nemmeno ben localizzare la destinazione sulla cartina geografica. Augurandoci che esista anche una sana via di mezzo, indovinate io a quale categoria appartengo.
I primi probabilmente risparmiano soldi e ottimizzano i tempi, ma si perdono tutta la sorpresa.
Quando ho comprato il biglietto per Fez, convinta da una foto di una pittoresca stradina tutta blu, non sapevo neanche dove si trovasse esattamente ChefChaouen, meta del nostro viaggio. Ingenuamente ho creduto che fosse un paesino affacciato su Mediterraneo, ingannata da tutto quel blu indaco che un po’ mi ricordava le Grecia.
Al contrario il paese di Chefchaouen è adagiato sulle colline a ridosso della catena montuosa del Rif, che lo protegge dal turismo di massa. Nonostante sia stata “aperta” agli stranieri negli anni 50 (prima era considerata città sacra, quindi proibita) e sia stata dichiarata Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità, rimane fuori dalle rotte di chi visita il Marocco preferendo Marrakech, Essaouira o Casablanca. Se andate fuori stagione rischierete di essere quasi gli unici stranieri. Arrivando da Fez in taxi (circa 4 ore) , dopo aver attraversato chilometri e chilometri di campagna e curve, Chaouen, come la chiamano i locali, appare all’orizzonte, lasciando un po’ delusi dalla visone esterna in quanto la città si sta molto espandendo rovinando in parte il paesaggio.
La delusione passa non appena si entra nella città vecchia, la Medina. Abbandonate le auto e la confusione, si fa ingresso in un dedalo di stradine e scale, e si viene avvolti da un silenzio irreale (ad eccezione dei numerosi inviti alla preghiera provenienti dai megafoni del minareto) e da un blu cielo a perdita d’occhio.
Se volete sapere perché la città sia blu cercate pure su Wikipedia e scoprirete di ebei in fuga e di Berberi che rivendicano la loro parte, oltre molte dominazioni (andaluse e portoghesi), ma sappiate che nessuno conosce la vera ragione, o le molteplici ragioni storiche. A noi piace credere a Yussef, che ha un negozio di gioielli berberi nel centro della città: lui sostiene che il blu sia dovuto al fatto che il bianco rifletterebbe troppo la luce mentre il blu la stempera e la diffonde. Qualsiasi siano le ragioni, l’effetto è quello di essere sott’acqua, o che il mondo sia capovolto e il cielo continui oltre l’orizzonte verso il basso colorando muri, porte, finestre e scale.
Svegliandosi presto si ha la possibilità di godere di una pace assoluta . La città si anima molto tardi, quindi al mattino le attività sono chiuse e per strada troverete solo gatti pigri al sole. Approfittatene per fare un hammam da Casa Hassan, antica pensione con ristorante, aspettando che il paese si svegli e le strade si riempiano di bambini che scorazzano, donne che vanno al mercato e uomini in djellaba .
L’ attività più interessante è sicuramente perdersi nelle stradine alla ricerca di botteghe artigianali di tessuti, tappeti, gioielli e spezie, sostando di tanto in tanto per un tea alla menta o attirati dall’odore irresistibile di frittelle e biscotti al burro da comprare per 2 dirham.
Cercate di perdervi in direzione del fiume così, passando per il souk, vi troverete immersi nella natura, seguendo il corso dell’acqua per poter godere della lentezza del luogo, rilassandovi in uno dei baretti che si trovano sul sentiero, bevendo un succo di latte e avocado.
Se invece avete voglia di viaggiare per un’oretta stipati in un taxi ( i taxi comuni caricano minimo sei persone) ascoltando playlist marocchine, è possibile raggiungere le cascate d’ Akchour dove mangiare una tagine cotta sul fuoco e camminare a lungo nella natura insieme alle famiglie marocchine in vacanza.
Tornati in città sarete sorpresi di quanto nel tardo pomeriggio tutto sia in piena attività fino a tarda sera. Non resta che sorseggiare ancora un the in una delle meravigliose terrazze con vista sul tramonto(acquistare alcolici ovviamente non è consentito, come anche l’hashish che però è largamente diffusa e consumata!) . Un altro luogo magico dove ammirare il tramonto è La mosquita de los españoles, raggiungibile con una piacevole passeggiata in collina tra le capre dalle lunghe corna ( da cui il nome Choauen).
Per cena evitate i posti turistici con i menu esposti nella piazza principale Outa el Hammam e preferite qualche tipica taverna tipica come Casa Hassan (dove è possibile anche affittare una stanza) o Bab Ssour. Ordinate crema di fave, formaggio di capra, tagine e torte di carne a volontà.
Oltre alla pensione Casa Hassan consiglio vivamente di soggiornare a Casa Perleta. Un gioiello blu dove svegliarsi con il profumo di gelsomini e fare colazione sulla bellissima terrazza di fronte alla moschea.
Ebbene tornando alle due categorie di cui sopra, al termine di un viaggio ci sono quelli che portano con se mille foto che non riguarderanno più e qualche inutile souvenir e quelli che portano con se un pezzettino di quel posto , dei suoi colori , della sua gente, ripromettendosi di tornare presto.
Il consiglio non è di non organizzare i viaggi.. (anche perché spesso può comportare problemi logistici), ma di viverli in modo che vi assomiglino e con persone che hanno la vostra visione delle cose. Forse visiterete un museo in meno (come il museo della Kasbah che non ho visto) ma ricorderete per sempre un dettaglio che vi ha fatti soffermare e che sarà per sempre vostro.
Io porto con me il profumo dei gelsomini misto all’odore delle frittelle, i risvegli a Casa Perleta, il silenzio delle strade al mattino, le mani delle donne al mercato, i colori dei tessuti fatti a telaio, le parole sagge di chi non ha studiato molto ma sa tutto, gli occhi dei bambini, il mix di lingue e culture, i paesaggi “biblici” , il valore del tempo, il gesto gentile di un uomo, e le mille tonalità di azzurro.