Non è un festival, ma una vacanza a pieno titolo: il Dimensions Festival è stata una esperienza emozionante sotto tutti i punti di vista, a partire dall’opening concert del mercoledì all’interno della splendida cornice (locuzione frusta lo so, ma era davvero una cornice splendida) dell’arena di Pula, anfiteatro romano perfettamente conservato nel centro della vivace cittadina istriana, che è stato trasmesso in diretta su Boiler Room e ha visto come protagonisti Floating Points, Little Dragon e Four Tet con tre live act.
Floating Points al piano, accompagnato da un’orchestra di nove elementi, apre ed emoziona sebbene i fiati e i violini non risaltino pienamente nell’insieme, Little Dragon sprigionano un’ora di energia mentre Four Tet non convince appieno.
Nonostante questo, la sensazione di partecipare a qualcosa di magico, mentre tra le arcate dell’anfiteatro si vede il sole tramontare sul mare colorando di rosa la pietra del monumento, è evidente già dal primo giorno.
Con giovedì il festival comincia a pieno regime a partire dalle ore 12 con il Beach Party che si protrae, come ogni giorno, fino alle 20, direttamente sulla spiaggia di Puntižela, una spiaggia di ciottoli bianchi con l’acqua trasparente come si può trovare solo in Croazia, in quel pezzo di mediterraneo. Un piccolo paradiso che per cinque giorni viene violato da centinaia di ragazzi di mezzo mondo senza perdere il suo fascino e la sua aura, proprio di fronte alle isole di Brioni, arcipelago famoso per essere stato la residenza estiva del Maresciallo Tito e ora parco nazionale.
Dopo il tramonto sulla spiaggia la musica si spegne sul lungomare, e si ascende a Fort Punta Christo, una fortificazione abbandonata risalente al 1800, importante punto strategico militare.
Il tutto in mezzo alla macchia mediterranea, in sentieri sterrati che ti permettono il costante rapporto con la natura, che consiglio vivamente di affrontare attraverso un robusto paio di sneakers. Ad attendere, in cima alla prima salita, il palco principale, The Clearing, che ha ospitato la maggior parte dei live. A separare The Clearing e gli altri 7 palchi un altro lungo sentiero in salita. Parte integrante dell’esperienza, al Dimensions si cammina un botto: un piacere, soprattutto quando per la prima volta percorri la strada che ti separa dai restanti stage arrivando in un mondo di suoni e di colori inebrianti – in particolare se ti fermi nel bar che si trova esattamente tra i primi tre, dove la cacofonia raggiunge livelli mistici.
Essendo un festival di organizzazione inglese, diamo ad Albione quello che è di Albione e suddividiamo i giorni con il loro nome, così come li troviamo da programma:
THURSDAY
Incominciamo al The Clearing con Dorian Concept che con il suo il suo jazz funk elettronico incanta in uno dei live più belli che ho visto al festival. Dopo di lui un onesto DJ set di Mount Kimbie e un Four Tet DJ set che, coerentemente con il giorno precedente all’arena, non emoziona. Al The Garden uno Space Dimension Controller in grande forma ci tiene attaccate sottocassa fino all’ultimo disco, mentre al The Moat, lo stage nel fossato della fortezza, lo showcase di Hessle Audio non sbaglia un colpo con la sua techno scura. Convince meno invece al The Void la parte finale della serata con Ame, DJ Deep e Rødhåd.
FRIDAY
Venerdì ci imbarchiamo sul boat party di Hessle Audio, dove Ben Ufo e Pearson Sound non danno il meglio di sé come la sera prima, ma l’esperienza in sé è divertente. Scendiamo giusto in tempo per godere del meglio che il festival ha offerto: il live di Paranoid London con il suo mix di acid e Uk bass che conquista e quello di Underground Resistance, la storia della Detroit techno, che con il loro High-Tech-Funk mandano tutti a casa e buonanotte, la serata si sarebbe potuta tranquillamente concludere qui. Ovviamente così non è, pertanto mai è sembrata così giusta la decisione di passare le ultime ore nella Ballroom, un suggestivo mini-stage ricavato in una torretta diroccata della fortezza, che propone DJ autoctoni o comunque provenienti dai paesi della ex-Jugoslavia.
SATURDAY
Il sabato la stanchezza si fa sentire, e forse per questo mi è sembrata la serata più “sgonfia”. Da segnalare senza dubbio lo showcase di Eglo Records con il DJ set di Floating Points, che non perde la sua capacità di spaziare tra la house, il soul, il jazz…e purtroppo anche la samba. Al The Moat Hunee B2B Antal partono bene ma si perdono in facilonerie house, e ancora samba. Ci rifacciamo le orecchie con Legowelt che fa il suo e lo fa bene. Nota triste Juan Atkins al The Clearing, che suona senza testa e senza cuore. Space Dimension Controller a chiudere lo stage principale salva la serata e ci manda a casa con un sorriso.
SUNDAY
La domenica vive di una energia nuova, è l’ultimo giorno e tutti ne vogliono godere, e si vede già dal pomeriggio in spiaggia. Il running order riserva un bel po’ di sorprese: al The Clearing la leggenda del funk George Clinton è accompagnato da un’ottima band che cerca di mascherare il fatto che lui con i suoi 74 non ce la fa più, ma il risultato è comunque un po’ deprimente e amaro. Dopo di lui un Moodymann in una non scontata gran forma incolla per due ore al dancefloor. Da ricordare anche lo showcase al The Moat della Giegling, eclettica ed interessante label di Weimar che spazia tra house, techno e slo-mo beats. Al The Void Daniele Baldelli seguito da Gerd Janson e da John Talabot sono penalizzati da dei visuals provided by NTS Radio così trash che riescono a far passare la musica in secondo piano. Aspettiamo l’alba con una punta di tristezza e già di nostalgia al Fort Arena con Miss Sunshine, bravissima DJ croata dalla techno dritta e precisa, un’ottima scoperta e il migliore addio al festival che si potesse immaginare.
Insomma, in un posto così, con una line-up così, c’è da perderci la testa, e non ci siamo andati molto lontano.
Perfetto per finire le vacanze in bellezza, è il coronamento di un viaggio attraverso i Balcani (ve ne abbiamo parlato qui e qui) ed è sicuramente un’esperienza da fare almeno una volta, se vi piace la musica elettronica.
E’ ancora un festival acerbo, e lo si vede dall’organizzazione di alcune cose come il servizio bar – cocktail da inglesi fatti con il misurino, senza ghiaccio e in bicchierini che per noi andrebbero giusto bene per fare un chupito – l’hospitality degli artisti e della stampa un po’ raffazzonata, e altre piccole cose che potrebbero essere migliorate e modificate. Grande attenzione invece è stata prestata al lato tecnico del suono.
Quella di quest’anno è stata soltanto la 4° edizione e il Dimensions ha tutto il tempo per crescere, ma il suo bello è proprio la spontaneità che si respira, in mezzo a gente venuta da ogni parte del mondo – inglesi per la maggior parte, ma abbiamo conosciuto americani, australiani, tedeschi, francesi, svedesi, turchi, croati, serbi…- tutti presi bene come forse mai avevo avuto l’occasione di vedere, ma soprattutto di “sentire”, sotto forma di energia e vibrazioni positive, mai come al Dimensions Festival.
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Photo courtesy of Dan Medhurst