VIAGGIO NEI BALCANI

Nostalgica allegria (parte II)

Lasciata Sarajevo, attraversiamo il territorio della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, la parte a maggioranza serba del territorio bosniaco. Lascia un po’ interdetti la desolazione del paesaggio montano, disseminato di abitazioni diroccate o ricostruite ma vuote e abbandonate, strade statali attraversate da bestiame libero, fiumi profondi di un verde idilliaco punteggiati da immondizie gettate nell’acqua che costeggiamo per chilometri e chilometri.

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Entrando in Serbia il paesaggio cambia, o per lo meno la sensazione è quella: i fiumi cessano di essere discariche pubbliche, lungo gli argini ci sono casette di tronchi, barche e piccole località di villeggiatura con ristoranti che espongono all’esterno gli onnipresenti maialini e agnelli che roteano su scoppiettanti girarrosti. Il territorio mantiene ancora quell’allure “vintage”, come se il tempo si fosse fermato a un paio di decadi fa.

Arriviamo a Guča, piccolo paesino bucolico non molto lontano dal confine con la Bosnia che una settimana all’anno si trasforma in un inferno di musica balcanica, griglie, gente accaldata e sbronza e gadget improbabili: è il Guča Trumpet Festival, famoso ormai in tutto il mondo, una vera e propria competizione con partecipanti internazionali da paesi come il Belgio, la Norvegia e si, anche l’Italia.

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Terrorizzata dal racconto su un blog di qualche conoscente che lo descriveva come un’orribile apoteosi di débauche, alcolismo e nazionalismo serbo a petto nudo, mi stavo quasi per mettere a piangere quando mi è stata proposta questa meta. Per amore ho ricacciato indietro le lacrime e mi sono gettata – con milioni di riserve – in questa avventura.

Inutile dire quanto mi fossi sbagliata. Le voci di cui sopra c’erano tutte, estremamente mitigate rispetto allo stupido racconto, anzi parte integrante della tipicità dell’evento, come un’enorme sagra paesana con molta rakija e molti maiali arrosto in più. La musica, per me, insopportabile allo stesso modo, ma rakija senza dubbio aiuta.

Abbiamo soggiornato nella casa tipicamente serba della gentilissima famiglia del macellaio, figura che lì conta più del sindaco. Sono stati due giorni molto piacevoli, non fosse stato per i quantitativi di carne di maiale ingerita, e ovviamente le trombe (ma è questione di gusti).

Ripartiamo alla volta di Belgrado, seconda tappa in territorio serbo. Alla confluenza tra la Sava e il Danubio, la sua storia risale al 4800 a.C. passata sotto le influenze dei Celti, dei Romani, Bizantini, Bulgari, Magiari, Ottomani e degli Asburgo; per la sua strategica posizione è stata anche chiamata la “Porta d’Europa”.

Non saprei nemmeno da che parte cominciare a descrivere la città, piacevolissima sorpresa.

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Il parco del Kalemegdan e la fortezza di Belgrado sono le testimonianze più antiche della storia della città, situati alla alla sommità di una collina che da una parte digrada ripida verso la confluenza dei due fiumi, lasciando spazio a uno splendido panorama, e dall’altra porta dolcemente al centro città verso Ulica Knez Mihailova, strada pedonale con negozi che attraversa il centro città, e a Trg Republike, la Piazza della Repubblica, costruita immediatamente dopo la cacciata dei Turchi, nel 1867, sullo spazio antistante quella che era la Porta di Istanbul, sulla quale si affacciano il Museo Nazionale e il Teatro Nazionale.

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Una visita merita sicuramente l’Hotel Moskva, rinomato hotel di lusso (nel quale grazie al cambio della valuta una abbondante colazione è affrontabile anche per le tasche meno abbienti), la piazza del Parlamento Serbo e la Skadarlia, sebbene ormai molto turistica, quartiere bohémien in pavimento ciottolato e disegni trompe-l’oeil alle pareti delle case in cui si trovano molti ristoranti tipici in cui ascoltare musica tipica balcanica (ancora).

In ogni caso, a Belgrado, e in tutta la Serbia, non si rischia di restare a stomaco vuoto. Tra kafane, trattorie in cui trionfano la cucina casalinga e l’immancabile carne alla griglia o arrosto, ristoranti e fast food di specialità balcaniche di ogni tipo, davvero non c’è che l’imbarazzo della scelta.

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La parte più suggestiva della città è senza dubbio quella che si svolge lungo i corsi d’acqua contornati da Splavovi, zattere o barche trasformate in club galleggianti, ristoranti, bar e locali notturni. La maggior parte di questi si trova a Zemun, un delizioso quartiere della città di respiro austroungarico, originariamente comune a sé stante, riunito sotto la città di Belgrado dopo la seconda guerra mondiale.

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Ada Ciganlija, la spiaggia di Belgrado, è una sorta di idroscalo dove però la vita pulsa, soprattutto con il bel tempo, nella quale è possibile prendere il sole, fare il bagno, praticare sport come passeggiate in bicicletta, con i pattini o cimentarsi nel wakeboard, o semplicemente mangiare enormi panini al prezzo di uno/due euro nei baracchini di legno o bere qualcosa nelle centinaia di locali e bar che la circondano e che di sera diventano locali notturni.

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E’ spettacolare l’energia che si sente ovunque camminando per la città. Il passato emerge con violenza, ad esempio passando davanti agli uffici governativi distrutti dalle bombe NATO e lasciati in quelle condizioni come ricordo e monito, ma si percepisce che il futuro guarda avanti e che la città sta riguadagnando, dopo anni difficili, la fiducia che merita.

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Photo: La Waris