Prima prova del regista Ivan Cotroneo, un cameo di personaggi costruiti con estrema cura affrontano le avversità quotidiane tra inganni, desideri repressi ed eventi straordinari. Una pellicola girata interamente a Napoli che appassiona per le sue vedute e gli scorci di una città poetica e colorata ma a tratti anche malinconica con il mare d’inverno e la pioggia battente che però non frena la perseveranza dell’amore e l’impeto della passione.
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Napoli, 1973. Peppino è il più giovane membro della famiglia Sansone. A nemmeno dieci anni si porta sulle spalle l’onta di una forte miopia giovanile e l’ammirazione per lo strambo cugino che crede di essere Superman che, investito dal 111 barrato, accompagna il piccolo Peppino diventando sua guida e unico amico fidato. Quando la madre Rosaria entra in depressione dopo aver scoperto il tradimento del marito, sarà proprio il supereroe fantasma in calzamaglia e con il naso aquilino a insegnargli come trovare il proprio posto nel mondo. Divertenti le scene dei due giovani e incoscienti zii che risentono delle influenze hippy e interpretano in maniera clandestina, e del tutto locale, il movimento di liberazione del corpo e dello spirito che in quegli anni sconvolgeva i giovani d’oltremanica.
Altra scena memorabile è quella dei tre piccoli pulcini donati dal padre fedifrago per spiegare il senso della vita al figlio, un progetto che si rivela a dir poco fallimentare!
Tratto da un romanzo dello stesso Cotroneo, la storia è semplice e spensierata sebbene riveli un momento difficile e complesso: la crescita, attraverso un percorso di vitalità narrativa e vivacità espressiva. Dalla madre depressa di Valeria Golino e i suoi desideri di giovinezza rimasti sull’isola di Procida, ai tradimenti e ai goffi gesti di paternità del padre Luca Zingaretti; dalle avventure hippie dei due fratelli Libero De Rienzo e Cristiana Capotondi alla disperazione da zitella spiantata di Monica Nappo.
Attraverso piccole parentesi da “musical senza motivo” e situazioni indecenti, per un bimbo, lavate a dovere per l’occasione, avviene l’iniziazione al mondo del piccolo Peppino al ritmo di These boots are made for walking, dimostra che anche il cinema made in Italy si muove a piccoli passi dai suoi cliché.
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