OPTIMUS ALIVE ’12 – diario di un grande festival musicale

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E come l’anno scorso a Parigi per il Rock En Seine, come per esigenza anche quest’anno decido di andare ad un festival musicale. Con una missione ben precisa però, ovvero quella di vedere dal vivo i Mumford&Sons.
Do quindi un’occhiata ai vari festival a cui parteciperanno e subito capisco che è a Lisbona che devo andare. Sabato 14 luglio infatti sul palco principale dell’Optimus Alive ci saranno i Noah&The Whale, i già citati Mumford&Sons e i Florence&The Machine. Sento i cori dell’hallelujah. Tre dei miei gruppi preferiti in assoluto tutti in un’unica serata, uno dopo l’altro. Un sogno. Una botta di culo incredibile. Chiarisco subito che anche gli altri due giorni di festival non sono affatto male: di venerdì infatti si esibiranno tra gli altri Santigold, Snow Patrol e Stone Roses mentre di domenica Radiohead, Metronomy, The Kooks, Caribou e Maccabees. Ma per motivi di tempo e causa vile denaro che mette sempre i bastoni tra le ruote, opto semplicemente per la serata di sabato.
Più passano i giorni, e più l’emozione cresce, tipo ragazzina 16enne davanti al proprio idolo. Voglio dire, ognuno di noi diventa un po’ 16enne davanti il proprio gruppo musicale preferito, perché io non lo posso fare quando i gruppi sono addirittura 3? Sarò ripetitivo ma: che botta di culo incredibile. Possibile che finalmente la dea bendata si è resa conto che si, esisto anche io?

A circa un mese dal festival Marcus Mumford(il cantante della folk/rock band) si fa male ad una mano. Cancellano un paio di date ma subito assumono due musicisti che prendano il posto di Marcus, così che lui si dedichi esclusivamente alla voce. Il concerto è salvo. Grazie dea bendata, ti amo! Due giorni prima dell’inizio dell’Optimus Alive Florence Welch annuncia che per dei problemi alle corde vocali è costretta a cancellare gli show del FIB e quello di Lisbona. Non preoccupatevi, già adesso sta molto meglio(giusto ieri ci ha regalato una al solito grandissima performance al Good Morning America). Ma io? Che è successo alla mia serata perfetta? Ti odio, maledetta dea bendata. Non lo nascondo, la delusione è stata tanta. Le aspettative che avevo sulla serata si sono allontanate da me, un po’ come i cori dell’hallelujah che prima sentivo. Ma come si dice, the show must go on no? E così parto alla volta di Lisbona, cercando di convincermi che ovviamente non è la fine del mondo, dato che vedrò i Florence a novembre a Milano e che comunque ci son pur sempre i Noah e i Mumford.

Sabato io e la mia compagna di avventure arriviamo all’Optimum per le 16, in modo da essere in pole position. I primi ad iniziare, verso le 18.30, e con l’arduo compito di animare e scaldare la folla, sono la band portoghese We Trust. Con le loro canzoni orecchiabili e dai testi semplici sono riusciti tranquillamente nell’intento coinvolgendo in modo efficace il pubblico. Non eccezionali, ma comunque bravi. La loro è la tipica musica che però mi piace ascoltare quando faccio dell’altro. I We Trust cantano per circa un’oretta, ringraziano il pubblico e lasciano il palco alla prossima band.

 

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Finalmente. L’emozione è alle stelle. E’ tempo del primo momento clou della serata(per quanto mi riguarda, ovvio): i Noah and The Whale salgono sul palco. Che fighi, adoro il loro stile dandy! Subito attaccano la loro “Life si life“. Seguono le loro più belle canzoni quali ad esempio “Blue skies”, “Waiting for my chance to come”, “Give it all back”. Il pubblico è ben preparato e partecipe e la cosa mi sorprende in positivo. Io vabbè inutile dire che sono in estasi.

“Because tonight’s the kind of night
Where everything could change
Tonight’s the kind of night
Where everything could change”

Con “Tonight’s Kind Of Night” il cantante Charlie Fink annuncia al pubblico che mai canzone è più azzeccata di questa per descrivere la serata che ci aspetta. E quanto aveva ragione. Ragione rafforzata ancora di più a mio avviso anche dai ritmi scanzonati ed irresistibili di “5 Years Time” e soprattutto dalla mia preferita, ovvero “Give A Little Love”. Mi commuovo: il break strumentale accompagnato dal violino mi tocca nel profondo, rendendo questa canzone ancora più speciale.
Chiudono lo show con “Life Goes On”. Magnifici.

 

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Avete in mente tutto il discorso sulla ragazzina 16enne che c’è in voi fatto in precedenza? Ecco, appena sono saliti sul palco i Mumford&Sons la ragazzina 16enne che c’è in me con prepotenza è uscita ed io subito mi sono commosso. Neanche hanno avuto il tempo di aprir bocca e la prima lacrima è scesa. Avete presente quando percepite che un gruppo musicale è come se vi conoscesse da sempre? Avete presente la sensazione che si prova quando vi accorgete che ogni singola parola, ogni singolo accordo presente in una canzone vi appartenga totalmente? Ecco, è questo ciò provo nei confronti dei Mumford&Sons. Completezza, vita, libertà, dolore, spensieratezza.

I Mumford&Sons salgono sul palco e subito mi accorgo che non sono l’unico a sembrare simil posseduto. Il pubblico è in delirio, e il gruppo è sinceramente sorpreso da tutto questo calore. Calore che si conferma con la prima canzone, ovvero “Lover’s eyes”. Speciale, magica, intensa.

“I walk slow
I walk slow
Take my hand
Help me on my way”

Canzone(subito diventata una delle mie preferite) che per il momento è stata proposta solamente live(sarà infatti inclusa in “Babel”, nuovo cd della band, che già ho prenotato, in uscita a settembre), e che il pubblico già la canta a squarciagola. Il gruppo mette anima e corpo per questa canzone e per tutta la durata del concerto. Dalla celebre e trascinante “Little lion man”(impossibile rimaner fermi), alle sempre energetiche “Winter winds” “Roll away your stone”, alle più intime ed evocative “White blank page”, “Thistle&weeds”, “Awake my soul”, “Dust bowl dance” e alle nuove “Below my feet”, “Ghosts that we knew” e “Lover of the light” il concerto giunge alla fine,
Il compito di chiudere lo show spetta a “The Cave” e qua consumo ogni mia energia rimasta.

Cause I need freedom now
And I need to know how
To live my life as it’s meant to be

And I will hold on hope
And I won’t let you choke
On the noose around your neck

And I’ll find strength in pain
And I will change my ways
I’ll know my name as it’s called again

Visibilmente commossi, certamente sorpresi del calore riservatogli dalla folla portoghese, i Mumford&Sons ringraziano il pubblico ed escono di scena. IL CONCERTO PERFETTO. Forse addirittura il più bello mai visto. Loro sono sensazionali, hanno un’energia e una voglia di trasmettere la loro musica così potente, così forte, così rara, fuori dal comune. Le mie lacrime non credo abbiamo mai avuto tregua e a distanza di quasi una settimana non lo nascondo, continuo ad emozionarmi.
Come ho detto alla mia amica, potevano cancellare tutto quanto il festival ed esserci solo loro, e sarebbe stato perfetto comunque.

 

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Così però non è stato, quindi finito con i Mumford abbiamo assistito ad altri concerti: gli Awolnation ci hanno contagiato con la loro energia(la loro “Sail” è una vera forza della natura”), il re del Trip Hop Tricky ci ha fatto scatenare, la tamarissima Katy B con le sue “Louder” e “Lights On” non è stata da meno, come pure Sebastian, che ci ha regalato uno show dal forte impatto visivo ed emotivo. Scioccante, il dj si è rivelato così carismatico che gli bastava fare anche solo un piccolo gesto con la mano per far scoppiare il delirio tra il pubblico. E non da ultimi, abbiamo assistito al concerto dei leggendari The Cure. Non c’è che dire, lo show è durato la bellezza di 3 ore, e loro sono stati molto bravi, nonostante, mi ucciderete già lo so, non mi abbiano mai fatto impazzire.

Grandissima serata, davvero. Se proprio devo trovare un difetto, una nota di demerito va all’organizzazione poco ecofriendly, gli altri festival europei si sono impegnati decisamente di più su questo fronte.

Per il resto abbiamo passato un week-end a Lisbona, città che ci ha davvero sorpreso in positivo: mai avrei pensato di trovare una città così splendida e gente così gentile e disponibile. Se poi ci aggiungi pure che il giorno dopo all’Optimus Alive in giro per la città abbiamo beccato i Noah&The Whale, facendo nuovamente uscire la 16enne che c’è in me, direi che l’impressione che mi ha dato questa città è davvero ottima.

 

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