“Sónar 2014 ha ospitato 109.000 visitatori provenienti da 99 paesi e più di 3.500 professionisti iscritti al Sonar + D, l’area congressi del festival. Il Sónar by Day colpisce per le cifre record, con più di 52.000 persone, e il totale complessivo dei partecipanti della 21esima edizione è la seconda cifra più alta nella sua storia. Con 155 act in cartellone, quest’anno Sonar allarga ancora di più il suo profilo artistico e culturale, riaffermando il suo status di festival unico”, recita il comunicato stampa arrivato nella notte della chiusura del festival.
E il Sonar 2014 è stata davvero una edizione speciale. Non che abbia coscienza di molte altre, visto che quella dall’anno scorso è stata per me la prima, ma la grandiosità di quest’anno è un’opinione condivisa anche dai veterani del festival. Il Sonar de Dia si riconferma la parte migliore per l’atmosfera, la posizione e la line up, dove trovano spazio la creatività in stretto legame con la tecnologia anche grazie ai workshop di Sonar+D, mentre il Sonar de Noche quest’anno lascia a bocca aperta per la vastità degli spazi, ingranditi, e l’area Pro che viene a essere raddoppiata e collegata da una parte all’altra da una spettacolare passerella con vetrate che permette di osservare dall’alto il palco SonarLab e il SonarCar, quello con gli autoscontri, per capirci (ma che figata è un festival così con gli autoscontri dentro? E io detesto le giostre). Cominciamo giovedì alle 15.30 con il live ibrido e contemporaneo di MØ, quello minimalista del pianista Nils Frahm e un dimenticabile Débruit per poi inforcare, galvanizzati dall’emozione del primo giorno e dalle birrette Pro a 2 euro, la tripletta Machinedrum – Daniel Miller (divertentemente monoespressivo) – Plastikman al SonarVillage, quest’ultimo in anteprima assoluta con uno spettacolo visual di enorme impatto, un’altissima torre ricoperta di led il cui solo costo era probabilmente più alto del cachet di Hawtin stesso.
Plastikman
Una visita la merita sicuramente Despacio, uno spazio promosso da James Murphy, 2manydjs e il brand americano di audio McIntosh, un progetto che è volto a promuovere e celebrare le performance live, riportando l’attenzione sull’esperienza del dancefloor invece che sulla console e sul Dj superstar. L’idea è molto bella, ma quello che vorrebbe diventare il “club ideale”, forse perché allestito all’interno di una fiera – con tutti i suoi limiti, dalla percezione dell’audio in uno spazio chiuso da tende al caldo torrido – secondo me non riesce a trovare la sua espressione ottimale.
Despacio
E’ giovedì, e la parte notturna non c’è. Riusciamo ad evitare gli inviti agli eventi dell’off Sonar in favore del mio ristorante preferito in zona plaza d’Espanya che ci nutre con pesce in abbondanza con 15 euro. Amo la Spagna. Venerdì cominciamo la giornata più tardi, un po’ perché distratti da un sole splendente e da un bagno in mare, un po’ perché dovremo fare l’alba e non ci s’ha più l’età. Cominciamo con un bel live di Throwing Snow, uno trascurabile di Matmos, uno “carino” di Bonobo, per poi essere colpiti e rapiti da quello audiovisivo di Oneohtrix Point Never, una vera e propria esperienza sensoriale all’interno del teatro SonarComplex, durante il quale mi addormento anche, sognando di essere dentro uno dei suoi visual tridimensionali. Chiude il Dia il djset di Theo Parrish.
Arriviamo alla Fira Gran Via, sede del Sonar de Noche, dove ad attenderci, dopo aver superato a bocca aperta il nuovo ingresso per i possessori del pass Pro di cui sopra, ci attende Woodkid, sempre uguale a se stesso. Il live di Moderat ovviamente è un successo, anche se nell’intima cornice dell’Alcatraz a Milano con sole tremila persone l’effetto è stato ben diverso che non in mezzo a un paio di decine di migliaia.
Moderat
Faccio un salto giusto per vedere la situazione al SonarClub mezzo vuoto mentre suona Flux Pavillion dove emerge il chiaro il declino e l’obsolescenza della dubstep. Si susseguono poi i live di Caribou, Todd Terje e di Four Tet, che ormai ho visto quest’anno più volte di mia madre, salvo a dire che lui e le sue occhiaie suonano sempre bene, mia madre al massimo me le suona. Torno a casa con le ginocchia ammaccate dall’autoscontro e un grande sorriso.
SonarCar
Sabato, ultimo giorno: perdo Neneh Cherry in favore di Jolly Mare, unico italiano a suonare al Sonar e amico con cui abbiamo passato le due serate precedenti, che fa un divertentissimo set, non senza qualche problema tecnico, e riesce a riempire il SonarDome all’inizio svuotato dal lagnoso suo predecessore e facendo ballare l’intera sala fino alla fine, cacciando fuori un Pino Daniele in chiave elettronica che ha scatenato una pista paneuropea ignara di quello che stava ascoltando.
Jolly Mare
Riesco a vedere la fine di Kid Koala che tira aeroplanoni di carta dal palco sul pubblico affiancato da due gran fighe vestite da hostess e coinvolge il pubblico facendo suonare trombette di plastica che sembrano pipette da oppio: una caciaronata senza eguali, ma molto divertente. Mi dirigo verso il live di Audion a farmi smorzare l’entusiasmo da un set inconcludente ma dall’assetto visuale stupendo e di grande impatto, una palla fatta di triangoli incastrati con proiezioni caleidoscopiche.
Audion
Dj Harvey in chiusura fa ballare le masse, ma bisogna scappare se non si vogliono perdere i Massive Attack che presentano il nuovo tour, che non ha niente di diverso da quello vecchio, se non che essendo in Catalunya i loro visuals parlano in català toccando anche argomenti della politica e dell’attualità locali.
Massive Attack
Riposiamo nell’area pro che affaccia sul palco del SonarPub, ascoltano James Murphy che non ancora pago dell’aver suonato al suo Despacio tutti e tre i giorni dalle 15.30 alle 21.30 si fa un’altra oretta di set anche stasera: DJ Operaio. La sua fine – in tutti i sensi, suppongo – lascia spazio agli Chic feat. Nile Rodgers che si rivelano uno spettacolo divertente che coinvolge un’enorme fetta del pubblico accorso alla serata del sabato, sebbene mi caschino in alcune cover come quella di Get Lucky, che trovo un tantino ridicola. Siamo agli sgoccioli dell’ultima notte, diamo una chance a Daphni b2b James Holden che sembrano partire bene, ma la stanchezza prende il sopravvento e dichiariamo chiusa la 21esima edizione del festival rinunciando volentieri a Brodinski, Boys Noize e Tiga, nomi un po’ frusti che chiudono la line up di quest’anno.