“Il Silenzio dei Cassetti“, andato in scena al Teatro Ringhiera dal 31 al 03 Novembre è una drammaturgia a quadri. L’azione diviene attraverso un meccanismo di montaggio che non segue la regola della cronologia, ma dell’accumulo; e non segue neppure la regola della logicità: il piano della realtà, il piano della finzione e il piano del sogno sono tra loro sovrapponibili per costruire delle ipotesi di intreccio in cui il farsi della realtà è piuttosto un punto di vista dei personaggi che non un racconto. Ogni quadro è potenzialmente ascrivibile a ciascuno dei tre piani, e come tale, contingente rispetto alla storia.
Al centro delle vicende che si intrecciano, piene di vicoli ciechi, ci sono i personaggi di Marinella e Tommaso: la loro lotta per l’affermazione della supremazia e della propria personalità, genera una rete di eventi e di relazioni, vere o presunte, che di fatto ne modificano le esistenze. Ma sono proprio i vicoli ciechi i veri conduttori del senso. L’accostamento delle immagini, delle problematiche quotidiane, delle inconsapevolezze sociali e politiche dei personaggi, parla di un mondo in cui il bene e il male sono categorie sfumate; di un mondo in cui la precarietà è la regola della convivenza civile; di un mondo in cui le contrapposizioni ideologiche sono tanto un prodotto televisivo, quanto possono divenire oggetto di un’indagine intima e profonda lunga una vita.
Non cercate piani sovrapposti, intrecci che confluiscono e non sforzatevi di capire come sia possibile. Oltre due ore di spettacolo che vi porteranno ad una deriva cosciente, cercare di nuotare contro la corrente del flusso di pensieri ed eventi rischierebbe di sfiancare inutilmente il vostro senso critico e razionale. Dialoghi intensi che vanno ascoltati come si guarda un quadro. Ecco, una pinacoteca, perdetevi nello spettacolo come quando vi rifiutate di seguire il percorso stabilito di un museo di arte contemporanea. Ascoltate le vostre emozioni e vi ritroverete con riflessione sul dialogo interculturale, la ricerca della propria dimensione sociale, i sogni infranti e l’opportunismo meschino ed egoista mascherato da geniale senso artistico.
Se in alcuni punti lo spettacolo rischia di sembrare inconcludente, siete entrati in teatro semplicemente con una mappa concettuale sbagliata. Il Silenzio dei Cassetti è un labirinto in cui lo scopo non è quello di trovare l’uscita, ma quello di perdersi.
Straordinarie le prove degli giovani attori che tengono il palco con una presenza scenica ed una maturità difficile da incontrare. Particolare merito va dato a Simone Tangolo, capace di entrare ed uscire dai diversi personaggi, dando spesso i tempi ad uno spettacolo che si lascia guardare con la giusta dose di complessità. Ho avuto la possibilità di parlare direttamente con il regista, Benedetto Sicca, che tra l’altro porterà in scena al Filodrammatici un altro suo spettacolo, Frateme, il 07 Novembre 2013 (ore 21.00).
Prima di tutto, sei soddisfatto della tuo lavoro, hai rivisto il senso del tuo progetto quando Il Silenzio dei Cassetti è andato in scena?
Il teatro è un’arte collettiva, anche nella sua dimensione più autoriale. Il mio lavoro è sempre il risultato di una sommatoria di incontri che innescano processi complessi. Quindi si, sono soddisfatto perché il risultato – ma preferirei parlare di step – che abbiamo raggiunto è pienamente scaturito da questi processi e dai mezzi che avevamo a disposizione.
Te l’avranno chiesto in tanti, ma viene naturale chiedersi: quanto c’è di autobiografico in questo lavoro?
Nulla, dal punto di vista delle cose narrate; Tutto, dal punto di vista del tentativo di leggere il mondo ed i rapporti. Il mio sguardo sulle cose della vita è lo stesso che utilizzo in ogni creazione; ed è dalla creazione che traggo la forza di provare a capirci qualcosa di più. Ti ho risposto?
Guardando lo spettacolo si ha spesso la sensazione di trovarsi nella testa di una persona continuamente in tensione, minacciata dal mondo, incapace di trovare il filo dei suoi pensieri, ma molto chiara su quanto sia difficile convivere con le proprie emozioni. Come giudichi questa riflessione?
La giudico molto molto attendibile. Ma il mio giudizio è parziale. Credo davvero che quest’opera debba essere lasciata ad ogni spettatore come una personale mappa in cui ciascuno possa costruire i ponti linguistici ed affettivi con i personaggi e le loro emozioni. Però si, lo spettacolo parla di queste cose, anche.
Come maledizione hai fatto a trovare sei attori del genere, tutti insieme in un solo spettacolo?! Sei stato fortunato, riconosci il talento, o li paghi profumatamente?
Ahahah! Questa è bella! A parte quella della paga profumata…sono vere tutte e due. Ma ancor più vero è che si è lavorato moltissimo e che il lavoro si vede. Ma il valore aggiunto che li mette nella condizione di lavorare così bene è che, a mio avviso, sono così bravi proprio perché sono insieme…credo che questo sia un patrimonio.
Adesso parlami di Frateme, cosa possiamo aspettarci da questo spettacolo dopo aver visto il Silenzio dei Cassetti?
Partiamo dal fatto che in fondo in fondo si fa sempre lo stesso spettacolo, lo stesso quadro, la stessa canzone lo stesso libro.. Frateme è un lavoro precedente a questo e quindi, forse, alcuni presupposti – soprattutto linguistici – sono già presenti. Il tipo di narrazione è completamente diverso: è lineare, direi classico. La messa in scena, per così dire meta-fisica, c’è anche in Frateme.
Se con il Silenzio dei Cassetti i dialetti s’intrecciano come le lingue nell’eretico dolciniano Salvatore, del Nome della Rosa, in Frateme il napoletano è protagonista. Sei il solito partenopeo emigrato che punta tutto sulle sue radici e sul “valore aggiunto” artistico dell’essere meridionali?
La lingua del Silenzio dei Cassetti è quella tipica delle esperienze di vita fuori sede, in cui i suoni ed i dialetti si mischiano e si scambiano. Quella di Frateme invece è il napoletano, ma c’è un gioco di contrappunto molto forte con un italiano ostentatamente forbito o ineluttabilmente piccolo borghese che alcuni personaggi veicolano per diversi motivi. Ad ogni modo…nessuna idea di “valore aggiunto”… ma come cerco di fare sempre, non sempre riuscendoci, il principio guida è: ogni opera inaugura un linguaggio, l’unico possibile per raccontare quella storia. La lingua dei personaggi, in una drammaturgia verbocentrica è fortemente condizionante del linguaggio-risultante.
Non perdetevi Frateme e tenete d’occhio questo gruppo di artisti, non s’incontra facilmente tanto talento tutto insieme.
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Il Silenzio dei Cassetti
Attori:
Paola Michelini
Valentina Picello
Filippo Renda
Beppe Salmetti
Giorgio Sorrentino
Simone Tangolo
regia e drammaturgia
Benedetto Sicca
light designer
Marco Giusti
disegno scenico
Mariapaola Di Francesco
Frateme, Filodrammatici 07 novembre 2013 ore 21.00
di Benedetto Sicca // con Paola Michelini, Candida Nieri, Luca Saccoia, Giorgio Sorrentino, Emilio Vacca, Valentina Vacca, Francesco Vitiello // disegno luci Marco Giusti // scene Tommaso Garavini, Flavia Di Nardo // regia Benedetto Sicca