Ci sono film le cui riprese durano mesi, forse anche anni. Se Boyhood è il film le cui riprese sono durate più a lungo in termini di tempo (dal primo all’ultimo ciak), Victoria è probabilmente il film più “breve” della storia del cinema e ora vi spieghiamo perchè.
Buona la terza. Dopo due soli tentativi (di cui il primo era uno short cut per raccogliere finanziamenti), il terzo ciak è filato liscio dalle 4.30 di notte alle 7.00 del mattino del 27 Aprile del 2014, in un unico piano sequenza, lungo un’alba berlinese. Complice il digitale che permette di girare pellicole quasi infinite, diversi registi si sono cimentati in questa “scommessa” che tradisce il vantaggio che il cinema ha rispetto al teatro, di poter interrompere, ripetere, modificare, limare…
Uno di questi registi è appunto Sebastian Shipper, che ha diretto Victoria con il preziosissimo aiuto del cameraman Sturla Brandth Grøvlen, il cui nome campeggia, giustamente, per primo nei titoli di coda.
La trama: uno script di sole 12 pagine (molto ha giocato anche l’improvvisazione) racconta la storia di Victoria, ragazza spagnola che lavora in un bar di Berlino. Al termine di una serata trascorsa in un club, Victoria incontra quattro ragazzi e si lascia convincere a continuare la serata con loro bevendo tra i tetti di Berlino. Un’innocente voglia di evasione trasforma in poche ore la vita della ragazza: una serata divertente tra ragazzi volge in una serie di episodi drammatici.
L’effetto: eliminato qualsiasi artificio cinematografico, la resa è incredibilmente realistica (al di la della trama che a molti potrà sembrare improbabile). Verso la fine del film pensare che gli attori non sono mai usciti dal loro personaggio fa un certo effetto…
Il giudizio: premesso che un film non si dovrebbe giudicare solo per le scelte formali, come dice anche il regista (For me is not a technical thing. cinema is something you watch with your nervous system..I made a film without cuts but that doesn’t really matter), Victoria è un film che si guarda tutto d’un fiato, così come è stato girato. Ambizioso ma senza pretese, emozionante nel suo costringere lo spettatore a “partecipare” empaticamente all’azione.
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