WESTWORLD

Tre aspetti eccezionali e radicalmente innovativi

In un 2016 puntellato di tanti avvenimenti particolarmente interessanti sotto il profilo sociologico (la scelta di Brexit, l’elezione di Trump, l’impressione che sia stato l’anno più brutto di sempre…), sembra quanto mai attuale tornare a mettere l’uomo – noi – al centro del discorso. Noi nel nostro modo di conoscere, elaborare e reagire alla realtà circostante: l’intelligenza artificiale (e non solo) sta facendo oggi passi da gigante con il machine learning, cercando di rendere il più autonomo possibile lo sviluppo di capacità paragonabili alle nostre in costruzioni artificiali.

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In questo, Westworld (in onda su Sky da ottobre) è probabilmente l’unica serie TV dai tempi di Breaking Bad che offra davvero spunti di riflessione ficcanti e degni di nota su chi siamo davvero.

Si è già scritto molto su come si rifaccia a un libro (e un paio di film) di Michael Chricton degli anni ’70, ma molto meno si è sottolineato come la sua versione di serie televisiva abbia almeno tre aspetti eccezionali, e radicalmente innovativi, rispetto al resto dell’offerta recente: una struttura narrativa profondamente multidimensionale, evidenti e affascinanti richiami letterari (e filosofici) e, appunto, una smodata centralità dell’uomo nel suo essere.

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La struttura narrativa multidimensionale gioca sui tre assi dello spazio, del tempo e delle diverse narrazioni e ricordi dei personaggi principali. L’intreccio che viene a crearsi disegna una traiettoria che sembra sempre chiudersi, salvo poi contenere l’elemento a sorpresa che porta la storia a un nuovo inizio, esattamente come il labirinto che viene cercato, inseguito e non capito per tutti gli episodi dai suoi due personaggi principali.

Gli autori giocano con questa struttura narrativa molto complessa aggiungendo la continua dicotomia tra le ambientazioni asettiche, gli interni dei laboratori, ed i panorami romantici e struggenti, gli esterni del grande Ovest, per richiamare prima la necessità di una divisione fra il nostro aspetto razionale e quello emotivo, e poi per mischiare definitivamente le due sfere nella catarsi della parte finale della prima stagione.

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I richiami letterari e artistici, d’altro canto, sono continui, voluti e davvero ben riusciti. “L’orrore” di Kurtz alla fine di Cuore di tenebra è ripreso più volte nei momenti cruciali di rivelazione della malvagità insita nel disegno stesso di creare un parco pieno di robot che pensano, si emozionano e si comportano come veri umani e nel vedere i veri umani che di converso danno sfogo ai sentimenti più torbidi e malvagi su chi è “diverso”.

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Poi c’è l’ubris definitiva di chi ha creduto di essere Dio e lo ha creato a tavolino come un Platone qualsiasi… Lo sguardo di Anthony Hopkins che ammira la creazione di Adamo di Michelangelo e ci dice che Dio è dipinto dentro ad un mantello con la forma di un cervello è un momento chiave per capire la serie, e anche per una riflessione profonda su ciò che da sempre crea la nostra perversione di onnipotenza.

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Questo spunto porta all’ultimo elemento distintivo: la centralità dell’uomo “essere senziente” e delle sue implicazioni quando ne crea un altro a sua immagine e somiglianza… La serie in questo si focalizza su un aspetto affascinante: quello della memoria del trauma. Il personaggio di Ed Harris continua a rammaricarsi che lui non possa mai perdere contro “le macchine”, che continua a distruggere: questa sfumatura di Westworld è la cosa che rende il mondo reale diverso in maniera distintiva dal parco.

La memoria è il primo tassello con cui vengono costruite le personalità e le storie dei personaggi, memoria che segue lo stesso iter narrativo descritto sopra: multidimensionale, non lineare e soprattutto non può prescindere dalle emozioni (e dai numerosi traumi) che i personaggi provano attraversando le valli, solitarie e sempre assolate, del grande Ovest.

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La ricerca di se stessi è la chiave nel tentare (per tutti i personaggi) di capire come reagire a questa realtà circostante: ricordando, improvvisando, provando emozioni e chiudendo così il cerchio del labirinto che cercano disperatamente, senza rendersi conto che ci sono sempre stati, dentro quel labirinto che rappresenta loro stessi. γνῶθι σαυτόν (conosci te stesso): la serie parte e torna qui. Se siamo fortunati, continuerà con la stessa qualità nella seconda stagione in programma nel 2018.

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