A dirla tutta, Foligno è un po’ in culo. Per me che vengo da Milano ovviamente, per uno di Foligno, Foligno è il centro del mondo. Sono in treno da 4 ore e non è ancora finita.
Il problema è che mi sto perdendo una buona metà di Dancity, festival di musica elettronica sorprendentemente interessante dalla location quantomeno inusuale.
Mi sono persa, nell’ordine: l’apertura del festival con Shackleton coi Tamburini della Quintana – torneo cavalleresco di origine medievale che consiste nel centrare degli anelli con una lancia in sella a un cavallo – che mi dicono essere stato particolare e originale, e i Deerhunter che hanno suonato durante un temporale che ha fatto saltare tutto l’impianto ma nonostante tutto hanno continuato il concerto in acustico, sotto la pioggia battente. E questo solo ieri.
Ora invece, mentre il mio vuoto e spaventoso interregionale cerca di raggiugere la meta sto perdendo invece Andy Stott che da notizie in tempo reale mi dicono essere notevole, e Craig Richards, DJ resident del Fabric di Londra, che però mi dicono si sia perso a sua volta dal momento che da 72 ore non dà notizie di se, rimpiazzato dunque da un DJ cinquantenne che risponde al nome di Silvestro Stallone. Tutto a posto.
Arriverò giusto in tempo per una costata nel favoloso fast food dall’arredamento vintage davanti alla stazione che al prezzo di un hamburger milanese ti offre grigliate di qualità e quantità umbra fatte al momento.
L’after della bistecca mi porta al Serendipity dove si svolge la parte serale del festival, un locale bello e curato nel design, non il solito cubo nero con un bar da parte a cui siamo abituati.
Si alternano nel palco all’esterno Claro Intelecto e Robert Hood che non mi colpisce particolarmente, non quanto la tuta da servizi sociali che indossa né quanto le storie sulla moglie che l’ha convinto a rinunciare alla scena per 10 anni, convertirsi e vivere in una fattoria del Texas. Dicono sia pure bruttina. Prima o poi dovrò chiederle come si fa.
Io intanto scappo quando comincia Ben Klock.
Il giorno successivo all’auditorium San Domenico, antica chiesa sconsacrata nel centro storico di Foligno, si susseguono Lucky Dragons, Tigran Hamasyan & LV, Infinite Livez e Ghostpoet mentre nel cortile di Palazzo Candiotti suonano Zombie Zombie, Metro Area, Mathew Jonson e James Holden. E non ce n’è uno che sbaglia un colpo. Sarà il posto, sarà l’atmosfera (sarà anche che a un certo punto sopraffatta da così tante emozioni mi sono addormentata su una poltrona e ho sognato che stavo ballando sul palco), tutto sembra incantevole.
Com’è possibile che in un posto così – in culo appunto – apparentemente lontano da tutto quello che noi crediamo sia il centro del mondo dove le cose succedono, si possa permettere un festival con una simile line-up, in meravigliosi spazi storici e comunali, che abbia l’appoggio delle autorità e della cittadinanza per fare musica fino alle 5 del mattino quando nel nostro “centro del mondo” viene dichiarato fuori legge anche un cono gelato dopo mezzanotte perché l’aggregazione – evidentemente anche dei vecchi perché diciamocelo, il gelato la sera tardi è un po’ da anziano in vacanza – è un male da evitare manco fossimo nella Russia comunista o in un libro di Orwell?
La provincia, e che provincia, dimostra più tolleranza della città, un occhio di riguardo anche alle esigenze dei cittadini più giovani – perché sì, anche noi siamo cittadini che votano e pagano le tasse non solo figure da demonizzare capaci esclusivamente di atti debosciati e lascivi da reprimere a tutti i costi impedendo e multando.
E ottenendo per forza di cose l’effetto contrario.
E allora vi consiglio di farvi un giro in quello che per 3 giorni è il centro del mondo, che tra l’altro si trova in una delle zone più belle d’Italia, così magari vi fate anche un po’ di cultura fra una visita ad Assisi ed una a Perugia, e tornando verso quello che vi sembrerà sempre meno l’unico posto dove le cose succedono potrete fermarvi anche in qualche bella spiaggia a prendere un po’ di sole e un fritto misto al tramonto.