Dopo aver lavorato un anno a Bali, pensavo di aver visto tutte le stranezze possibili a sud dell’Equatore. Ora che vivo in Australia, mi sono imbattuta in un’altra sorpresa culturale, a ‘sto giro gustata con una birra in mano. Ero seduta al pub locale di Kalbarri (nel mezzo al nulla) e d’un tratto un ragazzino, o meglio un giovane, alto, allampanato, con i rasta biondi ossigenati, posa il bicchiere, si alza dal davolo dietro al mio e si avvicina al palco, arrangiato con gli strumenti per un concertino. Luci accese e…comincia il primo concerto di didgeridoo nell’antica terra Australiana. Parte con John Butler in Happy di Pharrell Williams, una cover di una cover. Fingers è il suo nome d’arte, e Fingers per un motivo, il modo in cui le sua dita toccano la chitarra è ridicolosamente incredibile, ma soprattutto sono i suoi 3 didgeridoo e come riesce a suonarli, con l’abilità e l’anima di un vecchio aborigeneo.
Non pensate che sia facile, non basta soffiarci dentro. Suonare il didgeridoo consiste in una respirazione alternata, più nel bisbigliare rumori, parole e preghiere in questo tronco di eucalipto, svuotato all’interno da formiche o da un bastone incandescente, usato nella tradizione aborigenea per lavorare il legno e suonato fin dall’inizio dei tempi, qualcosa come 40 mila anni fa. Ovviamente le donne non possono nemmeno avvicinarcisi.
Comuqnue, tornando al mio shock culturale e al ragazzino, che di vero nome fa Mitchell Cullen, e vive da Albany, dall’eta’ di 15 anni ha già prodotto 5 album. Gira l’Australia con il suo pulmino, fermandosi in ogni dove, ed è conosciuto dal mainstream per aver vinto la Finale di Australia’s Got Talent come miglior emergente votato dal pubblico. L’unica critica da fargli sarebbe sulla voce, che dovrebbe sviluppare (certo, e nel frattempo suonare la chitarra, 3 didgeridoo e pure la grancassa), magari associarsi ad una voce femminile…forse riuscirebbe a sfondare al livello internazionale e salire sulla carovana di John Butler e Xavier Rudd. Ma alla fine, quanti ragazzini della stessa età possono dire di inseguire il sogno della vita? Con i suoi successi a fuoco lento e le sue mille avventure sulla strada, Mitchell può diventare il nuovo fenomeno musicale made in Australia.
Having spent the last year living and working in Bali, I thought I had seen all the oddities I could south of the equator. Now living in Western Australia, another cultural surprise was to be tasted with beer in hand. Sitting at the fish shack / local bar in Kalbarri, all of a sudden this tall, pale, bleached blond kid, or young man I should say, rests his pint, and steps up from the table besides me, onto what seems to be a makeshift stage for a performer. A few lights come on and….my first didgeridoo player in the Ancient land of Australia, he begins with a John Butler cover of Pharrell Williams, a cover of a cover. Fingers is his name, and Fingers for a reason, his guitar playing is beyond ridiculous, amazing, but the kicker in Fingers performances is his three didgeridoo set up and playing skills and soul of a wise old traditional elder.
The Didgeridoo is a hollowed out tree trunk, either by ants or a hard wood fire stick used to twist and drill the softer wood by the Indigenous owners of the land, it has been played since the dreamtime began, some 40 thousand years ago.
But lets refocus on my cultural shock, and cool experience, the kid, is Mitchell Cullen, a prodigy from Albany, since the age of 15 he had written and produced 5 albums. He tours the Australian country town circuit, and has been seen by thousands, and even put in a TV audition on Australia’s Got Talent Grand Final, winning as Best Talent.
The only criticism would be his voice, needing a little time to develop and hopefully one day equal his guitar and didgeridoo playing prowess, failing that, a female vocalist, would definitely add the missing flavour required to be a great internationally acclaimed performer (along with John Butler and Xavier Rudd to say a few names). All in all, how many kids his age can say they are chasing their lifelong dream, with some slow burning success and a few good forks in the road and Mitchell could be a household name.