Voglio far qualcosa. Voglio partire, scappare da questa quotidianità che tanto mi spaventa e sembra si diverta a soffocarmi. Voglio andare alla ricerca di qualcosa di diverso, alla ricerca di emozioni forti, sensazioni rare, non so bene di che tipo, e passare un po’ di tempo da solo, con i miei pensieri. Perchè è cosi difficile cercare di concedersi tutto questo? Tutto quello che facciamo solitamente è lamentarci in continuazione senza poi fare nulla per cercare di cambiare, anche per poco, la situazione. Ad ottobre quindi dico basta e mi faccio un regalo. Al diavolo, la vita è una sola, e quindi finiamola di guardare le cose passarci davanti. Non ho soldi? Faccio qualcosa di low cost. Non ho tempo? Faccio qualcosa della durata di poche ore. Facile no?
Londra, 18 dicembre 2012, O2 Arena. Mumford&Sons in concerto.. Perchè (come dissi qui, quando li vidi la scorsa estate a Lisbona) questo gruppo è una delle cose più belle che mi siano accadute negli ultimi anni.
Compro il biglietto aereo con Ryanair, che odio, ma che costa davvero poco. Per quanto riguarda il biglietto del concerto mi affido ad ebay, visto che i biglietti sono andati sold out praticamente prima di esser messi in vendita (basti pensare che questa da me scelta è una data aggiuntiva del loro “Tour of two halves”, tour britannico i cui biglietti sono anch’essi andati sold out all’istante). Con un po’ di fortuna, tra prezzi assolutamente folli, riesco a trovare un biglietto ad un prezzo più o meno onesto.
Parto da Bergamo il giorno stesso del live, ovvero il 18 dicembre, verso le 9 di mattina. Con poca sorpresa, il volo parte con due ore di ritardo. Arrivo finalmente a Stansted e subito mi fiondo con il treno a Londra, per concedermi un paio di ore di shopping (perchè in fondo è pur sempre la mia giornata no?).
Per le 17 mi dirigo verso l’O2 Arena e mi metto in fila. Con un’organizzazione perfetta, ci fanno entrare in orario (verso le 18.30) e i primi opening act salgono sul palco poco dopo. Sono i Bear’s Den, band che non conoscevo ma che è riuscita nell’impresa di conquistarmi da subito. Questi tre ragazzi, con il loro rock acustico, ci sanno fare per davvero e raramente degli opening act hanno catturato in modo cosi intenso la mia attenzione. Sublimi, provate ad ascoltare “The Waters” e capirete.
I Bear’s Den suonano per 30 minuti abbondanti e increduli di tutto il calore del pubblico ricevuto salutano lasciando, pochi minuti dopo, il palco al secondo opening act della serata, ovvero i Mystery Jets, band che stavolta conosco, anche abbastanza bene. Bravi, anche se a differenza dei Bear’s den non mi hanno entusiasmato. E poi non hanno proposto la loro canzone che più preferisco, ovvero “Dreaming of an Another World”.
E’ il momento. I Mystery Jets hanno lasciato il palco ormai da un po’. Come musica di sottofondo parte “At Last” di Etta James, e non credo sia un caso. Pochi secondi dopo le luci si spengono. Da dietro il tendone, Marcus, Winston, Ben e Ted iniziano a suonare “Babel”, la titletrack del loro secondo ed ultimo album, uno dei più venduti del 2012. Si vedono le loro ombre. Il tendone che li copre cade. E’ il delirio, la gente è in delirio. Al secondo brano, ovvero “I Will Wait” (in cui scende la mia prima lacrima, sono una mammoletta lo so), seguono quasi due ore di concerto, davvero difficili da riassumere in poche parole. Banalmente posso però dire che mi hanno emozionato come pochi sono riusciti a fare. Posso dire che sono riusciti a creare, nonostante l’immensità dell’O2 Arena, un’atmosfera magica ed intima, coinvolgendo il pubblico in modo forse mai visto prima (se non al loro concerto di Lisbona) e riuscendo a far si che tutto ciò che avevo intorno sparisse. O che, nonostante il grande successo, loro sembrano increduli, ringraziando e scherzando in continuazione con il pubblico.
Posso dire che, al di la dei singoli estratti dai loro album, “White Blank Page” e “Awake My Soul” sono forse le preferite del pubblico, che “Timshel” è magia pura, che “Ghosts That We Knew” e “Holland Road” suonate una in fila all’altra hanno fatto si che io lacrimassi e sorridessi allo stesso tempo come uno scemo, commuovendo anche tutti quelli intorno a me. Posso dire che gli addetti alla sicurezza, con una tempistica perfetta, hanno passato dell’acqua a noi disidratati delle prime file proprio quando il gruppo ha attaccato con “Roll Away Your Stone”, acqua che senza esitare ci siamo buttati addosso saltellando a ritmo dell’irresistibile canzone. O che in “Whispers in the Dark” Winston ci ha fatto tutti ridere facendo il cretino sul palco. Posso dire che durante il primo bis i ragazzi si son spostati in un piccolo palchetto in mezzo al pubblico e acappella hanno eseguito “Reminder” e “Sister”, e che nell’ultimo encore hanno cantato la davvero sentita “Lover’s Eyes” e “The Cave”. Ed eccolo il momento che tanto cercavo, quell’emozione rara e differente che cercavo di descrivere prima. Quando il gruppo attacca con l’ultimo ritornello di “The Cave”, esausto dalla giornata e dal concerto, ed esausto al pensiero della notte in bianco che mi sarebbe aspettata per riprendere l’aereo e tornare immediatamente al lavoro, con le ultime energie che mi rimangono alzo le braccia verso il palco, salto e canto a squarciagola con loro, come non ho mai fatto prima di allora, perchè so che è l’ultima volta che lo posso fare in questa serata tutta mia. Un momento in cui tutto è perfetto, in cui nulla potrebbe andare storto. Un momento in cui mi sento indistruttibile, ed infinito.
Cercando di non essere di parte, il concerto migliore di sempre. Non vedo l’ora di rivederli a marzo in Italia. Appuntamento il 14 marzo a Milano, il 15 a Firenze e il 16 a Roma.
Ecco la setlist del concerto:
Babel
I Will Wait
Winter Winds
Below My Feet
White Blank Page
Hopeless Wanderer
Timshel
Little Lion Man
Lover of the Light
Thistle&Weeds
Ghosts That We Knew
Holland Road
For Those Below
Awake My Soul
Roll Away Your Stone
Whispers in the Dark
Dust Bowl Dance
Encore:
Reminder
Sister
Encore 2:
Lover’s Eyes
The Cave