Primavera sound 2016

Eventually see u next year

Sono stata al Primavera Sound a 35 anni quasi compiuti.

Il mio volo per Milano è in ritardo di alcune ore, ho le gambe e la schiena a pezzi, arretrati di sonno e lo stomaco un po’ in subbuglio… ma a conti fatti sono sicura di aver assistito ad uno dei festival più ricchi della storia della musica degli ultimi anni.

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L’ultima esperienza in un festival musicale risale al 2011, allo Sziget, anno di fondazione con l’attuale formazione di questo magazine e primo viaggio con le ragazze che l’hanno fatto crescere.

2011: i telefoni facevano delle foto abbastanza brutte, Instagram si utilizzava a malapena (come mostra questo maldestro tentativo).

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La batteria dell’iPhone durava miracolosamente fino a notte fonda, il programma si leggeva su fogli stampati a casa ed evidenziati a dovere, si guardavano i concerti dall’inizio alla fine, si faceva amicizia con chiunque… ci si dava sempre un appuntamento.

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2016: appena arrivati imperativo è scaricare l’applicazione del festival (sviluppata benissimo) per seguire tutti i palchi in tempo reale con tanto di notifica quando il prossimo concerto sta per iniziare, innescando anche un po’ di ansietta a dire il vero. Di qui il mal di gambe per l’andirivieni continuo tra un palco e l’altro del Park de Forum (un’applicazione sui passi percorsi ci ha contato 38.000 passi solo nella giornata di venerdì) ed l’incessante scambio di messaggi insensati nel tentativo vano di ritrovarsi con reti telefoniche in tilt…

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Cambiano i tempi e le età, ma non la passione per la musica e la volontà  di assistere ad un evento “epocale” per una generazione. Il tutto reso ancor più magico dalla location speciale del festival con le sue strutture di cemento, i suoi spazi e enormi e la sua posizione a ridosso del mare che regala una brezza piacevole e un panorama mozzafiato in particolare al tramonto e all’alba.

Ma veniamo alla line up. Nella nostra top5 si posizionano, per motivi differenti:

AIR: uno dei primi gruppi che abbiamo visto esibirsi, al tramonto, sul palco H&M. La nostra adolescenza in 4 pezzi mentre il cielo diventava rosa e calava la luce. Esecutori freddi e distaccati, ma fa parte del loro essere e li si perdona su Playground love.

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TAME IMPALA: nessun ricordo datato nell’ascoltarli visto che sono stati uno dei gruppi più giovani in scaletta. Molto coinvolgenti fino al problema tecnico che ha troncato Eventually (chi c’era sa) spegnendo un po’ gli entusiasmi.

LCD SOUNDSYSTEM: un giorno di tanti anni fa un mio caro amico mi ha fatto notare che avevo messo in loop Dance yourself clean almeno un centinaio di volte in un giorno… Sì perché loro fanno questo effetto, e dal vivo, nonostante l’età, sono stati i più “moderni” e i più energetici. Abbiamo ballato dall’inizio alla fine, e questo la dice lunga. Grazie James Murphy per aver deciso di ritornare sui palchi!

RADIOHEAD: durante tutta la durata del festival la sensazione era quella di un moto continuo di centinaia di persone, ma prima dei Radiohead il mondo si è diviso in due. L’ 85% dei presenti ha scelto di esserci e di assistere ad uno dei concerti più belli del festival (hanno eseguito persino Creep fuori scaletta). Il 15% che si è dissociato ed è stato testimone del surreale svuotarsi  di tutta l’area concerti in favore del palco Heineken. Io ero tra quell’85% e per la quarta volta ho  goduto della performance di  un gruppo ormai mitologico che da sperimentale è diventato quasi nazional popolare, pur non essendo mai stato semplice da ascoltare, da capire e da amare.

ANIMAL COLLECTIVE: un concerto stranissimo che inizia con un pezzo noto e poi parte per la tangente tra le facce sgomente: chi li capisce è bravo; io ci ho rinunciato dopo 15 minuti (tanto ero seduta sulle gradinate a riposare la schiena e bere una birra!)

Menzioni d’onore

BEACH BOYS:  complimenti per l’etá e per chi li ha ascoltati (io mangiavo un semi-commestibile hamburger vegano)
ACTION BRONSON: un vero super cafone, perfetto per ballicchiare in leggerezza
BEIRUT:  aka la banda alla festa di paese
COCO DJ: che ormai storicamente chiude il Primavera e ci ha fatto ballare fino alle sei, nonostante non ci sentissimo più i piedi, aprendo con un omaggio a David Bowie e chiudendo con Abba, The Rhythm Of The Night, e altri pezzi cult.

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E le foto del festival? Ne ho fatte 10 pure brutte. Ebbene nel 2011 andavo in giro con una Canon al collo, mentre nel 2016 nemmeno tiravo fuori il telefono dalle tasche. Cambiano i tempi, cambia l’età e forse in questi 5 anni la voracità dei social e degli smartphone ha rovinato un po’ il modo di vivere gli eventi  tanto che una volta entrata nel mood festival non ho più pensato a dover documentare nulla.

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Ma non dispero: tra poco apriranno le vendite per l’anno prossimo!