Non è facile parlarne senza che sembri una sviolinata, ma lo scorso week-end ho assistito davvero a qualcosa di grande.
Non era la prima volta che partecipavo a roBOt Festival, ma quest’anno è stato diverso.
Il fascino della parte serale a Palazzo Re Enzo è indiscusso: ascoltare musica, assistere alla proiezione di video, come il docu-film di Red Bull Music Academy, e a concerti come il live di Dorian Concept o alla tripletta dell’elettronica nostrana Popolous – Go Dugong – Godblesscomputers nelle sale affrescate di un edificio costruito nel 1245 nel pieno centro di Bologna, risulta senza dubbio un’esperienza surreale.
Ma è durante la parte notturna che quest’anno è stato compiuto il miracolo: non più al Link, che nonostante l’ampia dimensione è pur sempre un club, la parte principale del festival è stata trasferita alla Fiera di Bologna, più adatta ad accogliere la grandezza di una line-up definita da molti “paracula”, che si è rivelata invece molto ben ragionata: non basta mettere alcuni grandi nomi sopra un palco per farne un sicuro successo.
L’organizzazione è stata ineccepibile, soprattutto per la prima volta che si affrontava uno spazio così grande: non mancava nulla, nemmeno i fiori freschi nei camerini degli artisti.
Il festival strizzava l’occhio al Sonar, mutuandone non solo gli autoscontri, immancabili protagonisti del SonarCar, ma anche un’area Pro “aerea” dalla quale si poteva guardare dall’alto i due palchi, disposti uno spalle all’altro, che nonostante gli spazi aperti della fiera non si sovrapponevano, garantendo una buona acustica.
Già l’apertura del venerdì è stata ottima, e le sue star sono state Matthew Johnson e Ricardo Villalobos, ma il climax è stato senza dubbio raggiunto il sabato.
Il susseguirsi sul palco maggiore del live di Popolous, Gold Panda, Moderat, Jon Hopkins e, a chiudere, il dj set di Apparat, incalzati dalla parte opposta da Jolly Mare, Moodyman, Lone e Martyn, con in chiusura Modeselekor che sostituivano un disperso Jackmaster, non ha lasciato mai tirare il fiato, in una apoteosi di entusiasmo del pubblico espresso a incredibili boati durante i momenti salienti della serata.
Un’atmosfera da brividi, un banco di prova superato con enorme successo.
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La speranza che questo sia stato il festival che ha dato inizio a una nuova era della musica elettronica in Italia, vista la grande risposta del pubblico non solo in quanto a quantità, ma anche in qualità delle persone presenti. Una nuova era che veda un tipo di elettronica diversa sbancare il botteghino, non solo i Marco Carola o, per quanto bravi, i Villalobos, appunto.
La speranza infine che roBOt diventi sempre più grande come il festival a cui fa riferimento, ma non solo, che diventi l’apripista per la crescita di altre realtà e che sia esempio e legittimazione del fatto che, anche in Italia, possiamo essere pronti a ospitare manifestazioni di respiro europeo.