SONAR 2013 – Reportage di una profana

Quello di quest’anno è stato il ventesimo Sonar.

E anche il mio primo.

Cominciato con 6 ore di ritardo passate tra l’aeroporto e l’aeromobile per colpa dei francesi che quando scioperano, scioperano vero, mica come qui che gli fa fatica pure quello.

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Alla fine decollo – non era mica scontato, voli annullati ovunque, storie di gente dirottata in Tunisia o partita da Milano in macchina all’ultimo minuto per essere sicuri di arrivare – ma soprattutto, con un sospirone di sollievo, giungo. Barcelona.

Subito vengo rapita dalle mie amiche in direzione party superblindato di Resident Advisor sul rooftop con piscina dell’hotel Silken. Spettacolare la vista, spettacolare la location, spettacolare anche il prezzo dei drink. Bello eh, ma dopo un po’ o bevi o vai.

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E io voglio andare.  Al Sonar, quello vero, il festival, che quest’anno cambia location e si sposta dalla storica sede del MACBA nel pieno centro del Raval alla Fira Montjuïc in Plaza d’Espanya.

E’ il topic del primo giorno, tutti ne parlano. Io purtroppo posso solo stare zitta dato che non ho mai potuto vederlo nell’altra sede, sicuramente più suggestiva, e mentre gli altri parlano non riesco ad immaginarmi tutta questa gente stipata nelle strette stradine medievali che circondano il Museu D’Art Contemporani.

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Sono qui in veste di accompagnatrice, non ci capisco un cazzo di musica, non ci ho mai capito un cazzo ma ho sempre dissimulato bene, annuendo grave e buttando là un “certo” quando amiche blogger e fidanzato giornalista  – tutti settore musicale, ovviamente – mi parlano questo o di quell’artista. Secondo me ormai mi hanno sgamata.

 

Di quello che sono riuscita a vedere – troppe cose tutte assieme, c’erano anche un’area workshop e un’area cinema che avrebbero valso una visita ma quella volta mi fecero una e non trina – fra tutti spiccano Elektro Guzzi, un trio austriaco che riesce a fare uscire della tecno da una chitarra, un basso e una batteria,  Jackson and His Computer Band e ovviamente il DJ set dei Modeselektor.

La prima sera Lindstrøm e Todd Terje, partiti molto bene, verso la fine mi hanno fatta scappare perché caduti in un vortice di tropicalismi che va bene che siamo in Spagna,  ma non è che ci tocca per forza ballare il flamenco.

Il set di TNGHT, partito sgonfio e senza tiro è finito in tragedia con Hudson Mohawke che cade sbronzo dal palco, e purtroppo me lo sono perso perché mi ero rotta le balle molto prima.

Altri spassi: Mykki Blanco il rapper più sfigato della galassia, e JJ Doom di cui wikipedia dice “JJ DOOM is an American alternative hip-hop group comprising Jneiro Jarrel and DOOM” ma io ho visto solo un ciccione bolso mascherato e fattissimo che guardava dubbioso il microfono senza capire bene che cazzo fare insieme a un altro che cercava invano di tener il palco. Insomma, il Sonar è musica, ma anche cabaret.

 

Il Sonar de Noche mi ha lasciato un po’ perplessa. Altra location, altra fira, enorme, piena di gente, confusa, molto lontano dall’atmosfera rilassata e vacanziera del Sonar de Dia, mi ricordava più un nordico I Love Techno.

Il venerdì siamo arrivati di corsa dal Dia per vedere Kraftwerk 3D, spettacolare trasposizione tridimensionale di quello che fanno da sempre, durata 2 ore, meravigliosa ma alienante che ci ha lasciato tutti stralunati e senza forze a giacere per ore nei divani dell’area pro mentre Maya Jane Coles suonava – e sembrava davvero essere la parte migliore della serata, ma ero troppo impegnata a mangiare un carissimo hamburger mezzo crudo e bere birrette a 2 euro (che almeno compensavano i 7 del panino) per darle corda.

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Poi Major Lazer che sembrava il circo Togni, il tenero bimbo Skrillex che mandava video con le cartoline di Barcellona, Objekt che non ha azzeccato un passaggio dico uno, che zio sei al Sonar non alla sagra dello gnocco fritto, il set preparatelo a casa, Karenn che son piaciuti al mio “entourage” ma che a me ricordavano l’industria metallurgica e poi più niente, solo il taxi e il letto.

 

Il sabato, skippati alla grande i Pet Shop Boys a favore di una cena di pesce luculliana, mi ritrovo a sentire un Fitzgerald di cui non mi è rimasto niente e una celebrazione del decennale di Ed Banger con Breakbot, Busy Pedro e Justice che bentornati nel 2008. Vintage, oserei.

Grazie invece a Skream che come sempre ha risollevato la mia serata e a Laurent Garnier che l’ha terminata nel migliore dei modi.

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Insomma, a mio avviso Sonar de Dia batte Sonar de Noche per l’atmosfera e la proposta musicale meno mainstream e senza dubbio più eclettica ed interessante.

Intorno a noi, a fare da scenografia per tutti questi giorni, Barcellona, città stupenda dove il gotico si mescola con il liberty quasi in una soluzione di continuità, con le sue belle spiagge alle quali si arriva in metropolitana, ampia, spaziosa, serena nonostante tutto, che reagisce all’attuale situazione stagnante con manifestazioni come il Sonar – o il Primavera Sound – dimostrando di sapere come sfruttare al meglio le proprie potenzialità. 

%name SONAR 2013   Reportage di una profanaQui le foto ufficiali del Sonar