GIBELLINA

La città dell'utopia in Sicilia

La metafora biblica della Torre di Babele, i disegni visionari della città ideale di Antonio Sant’Elia e quella comunitaria di Platone, le distese metafisiche delle Muse Inquietanti di De Chirico e le ambientazioni distopiche della Metropolis di Lang, tutti progetti rimasti nell’immaginazione di chi superava i limiti e le barriere del proprio tempo. Ma Gibellina no.

La città di Gibellina Nuova, in provincia di Trapani, è stata costruita ex novo in seguito al terremoto che nel 1968 distrusse la maggior parte dei comuni della valle del Belice. Il sito su cui sorge l’attuale centro abitato dista undici chilometri dai ruderi del vecchio paese in cui Alberto Burri ha realizzato la monumentale opera memoriale di land art il Grande Cretto.

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Nel 1970 l’amministrazione guidata dal sindaco Ludovico Corrao scelse di accompagnare l’edificazione della nuova Gibellina con un ambizioso e utopico progetto di arredo urbano che l’avrebbe trasformata nel più grande museo a cielo aperto d’Italia. Artisti e architetti di fama internazionale come QuaroniUnciniVenezia, ConsagraCascellaMendiniPurini, Pomodoro, Schifano, Paladino, Simeti furono invitati a riformulare l’aspetto della nuova città antisismica, attraverso una serie di interventi per lo spazio pubblico che comprendessero sia il riassetto urbanistico dei luoghi maggiormente rappresentativi della vita collettiva, sia la produzione di oltre cinquanta opere d’arte, sculture e installazioni da collocare in tutta l’area cittadina.

Le opere accolgono il visitatore sin dall’entrata in città, dove è collocata la Stella d’ingresso al Belice realizzata da Pietro Consagra nel 1981, considerata il simbolo del processo di rinascita del territorio.

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“La città ideale è un concetto che accompagna l’uomo sin dall’antichità, da quando ha dovuto confrontarsi con situazioni e problematiche che emergevano dallo strutturarsi degli insediamenti umani e dalle dinamiche economiche, si tratta solitamente di un insediamento urbano (progettato, o solo immaginato, solitamente mai realizzato) il cui disegno urbanistico riflette, secondo uno schema prevalentemente geometrico, criteri e principi astratti di razionalità e funzionalità, o un’impostazione scientifica, caratteri che spesso si accompagnano a una tensione ideale e filosofica, o a una forte carica utopica.”

Un dolore di più di 50 anni fa che non voleva cancellare ma ricordare ogni giorno attraverso un nuovo linguaggio le sue vittime. Gibellina Nuova doveva essere il palcoscenico di una serie di interventi al tempo considerati rivoluzionari in una provincia del Sud, all’ombra della devastazione, in mezzo ad arretratezza e speculazioni mafiose, si voltava pagina con un’avanguardia culturale. Artisti e architetti, supportati dagli artigiani del paese, da imprese locali e cittadini, disegnarono il volto di questa città-esperimento, col sostegno di intellettuali come Sciascia, Guttuso, Zavoli.

I fondi, negati dallo Stato, che non voleva destinarli all’arte, il sindaco li ottenne con manifestazioni, battaglie parlamentari ed escamotage politiche, contando soprattutto sulla generosità di artisti e residenti che permisero di realizzare un percorso espositivo di circa duemila opere.

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Questo luogo è un sogno lucido, un’esempio di speranza, è la città dell’utopia. Oggi Gibellina Nuova soffre l’abbandono e l’incuria ma deve essere visitata ugualmente per capire quanto l’unione e la volontà possano effettivamente raggiungere risultati insperati, brillanti oltre ogni immaginazione perchè questo è un caso unico al mondo.

CHIESA MADRE

La Chiesa Madre è sicuramente uno dei progetti più suggestivi e dirompenti in cui trascorrerete ore ad ammirare la fusione tra architettura metafisica e i principi del razionalismo. Ludovico Quaroni, architetto e urbanista noto per il suo approccio sperimentale e per aver contribuito alla costruzione del quartiere EUR di Roma, progettò la chiesa di Gibellina nel 1972:

“essa è un oggetto architettonico ed è un monumento, è la realizzazione più importante di tutto il complesso civico, se non altro perché è l’emergenza ultima, è la corona della città”. “Si è pensato alla semplicità delle cupole del periodo arabo in Sicilia, senza lanterne o pinnacoli […] la simbolica perfezione della sfera, rappresenta l’universo, l’infinito, la totalità, mentre il quadrato e il parallelepipedo rappresentano la perfezione umana, razionalità non trascendente”.

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IL SISTEMA DELLE PIAZZE

La nuova proposta per ricreare l’area urbana di Gibellina dopo la devastazione del terremoto era quella di costruire una serie di edifici nell’intenzione di rendere il tessuto meno ripetitivo, conferendogli nello stesso tempo identità attraverso interventi riconoscibili. Questi edifici, erano destinati sia a residenze private, quindi adibiti ad abitazioni oppure a spazi pubblici. Al centro della città restava quindi un grande vuoto, un’interruzione perimetrata dai fronti ciechi della case a schiera, un portico-mercato composto da tre piazze concatenate che si presentano come un’architettura classica, semplice e geometrica. Questo vuoto, suggerisce ai progettisti, Franco Purini e Laura Thermes nel 1982 l’idea della realizzazione del Sistema delle Piazze.

Il sistema modulare realizzato in un reticolo a maglie della pavimentazione ad effetto mosaico (in pietra gialla – tufo, pietra nera – lavica, pietra bianca -traventino, e pietra rossa) con forme geometriche rettangolari e un colonnato che dona profondità e sembra accompagnare il visitatore in un ambiente che va “oltre” l’apparenza enfatizzando un aspetto metafisico.

“Niente di più di un sistema ordinato si presta a mettere in evidenza il disordine, non c’è disordine se non c’è ordine, come non c’è caos se non c’è un elemento misuratore del caos, quindi, gli artisti hanno in questo caso maggiori possibilità per mettere in evidenza la loro opera in un sistema razionale e misurato come un elemento di eccezione”. Laura Thermes

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STEN&LEX MURALES

Gibellina prosegue faticosamente il suo percorso per un’arte libera e la nuova amministrazione da qualche anno sta investendo nella street art, Sten Lex hanno lasciato un segno forte e notevole con un’altra opera a cielo aperto.

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LA MONTAGNA DI SALE

La Montagna di Sale di Mimmo Paladino dista pochi chilometri dalla città nella direzione del Cretto di Burri. L’avrete magari vista negli anni itinerante a Piazza Duomo a Milano o a Piazza Plebiscito a Napoli ma questa è la prima e originale nata da una scenografia per la rappresentazione della “Sposa di Messina” di Schiller, messa in scena nel settembre del 1990 tra i ruderi di Gibellina Vecchia.

Mimmo Paladino è un pittore ed uno scultore italiano, un’artista estremamente versatile, tra i più celebri della transavanguardia, ha sperimentato materiali e tecniche, lavorando su oggetti di recupero e scolpendo figure totemiche arcaizzanti. La Montagna di Sale è altamente scenografica e dominata da un giardino Zen fatto con ghiaia arata, ai piedi di una montagna alta 15 metri bianchissima dalla quale fuoriescono in modo casuale trenta cavalli neri con un’ambigua testa di ariete. I cavalli, in un omaggio al Don Chisciotte, sono solo parti di una totalità ormai inesistente proprio come una distesa di rovine, che sembrano affiorare da un deserto, sono i resti di una battaglia senza eroi, tra cavalieri perduti e sconfitte…

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Foto di Marco Greco