Depressione da rientro vacanze

ovvero la delusione del quotidiano

Un Post al Sole, più che una rubrica, una linea che si colloca tra elucubrazioni mentali e chiacchiere di comari. Ovviamente non ce n’era bisogno ma tant’è.

Un Post al Sole è un luogo non luogo creato da Elena Borghi (scenografa, illustratrice, paper artist, coltivatrice di parole dimenticate e comare) e da Serafina Schittino (psicologa, sessuologa, terapeuta non verbale e comare).

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Qui in città il sole è cambiato, non picchia più come qualche settimana fa. L’aria è più asciutta, il venticello accarezza le mie guance e io mi beo di quest’ultimo sole prima che arrivi l’amato autunno.

La mia quiete però è interrotta da quel tipico rollio di mandrie di trolley imbizzarrite capace di far vibrare interi quartieri della città quant’anche la mia gabbia toracica: il ritorno dalle vacanze.

Sei tornato al tuo posto nel mondo e per qualche giorno ti infili ancora le infradito, catapultandoti fuori casa con i capelli umidi a far l’aperitivo, magari cercando qualche rigagnolo d’acqua che ti faccia da specchio, goffo tentativo di prolungare lo stato di grazia della pausa che ti sei preso dalla tua vita.

Tutto questo ti è familiare vero?

Allora sei nel pieno di una depressione post-vacanze.

Per me non è facile vederti così, al tavolino, tutto depresso. I miei occhi sono quelli giocosi di chi attende racconti abbronzati, avventure memorabili, impressioni vivide perché il mio viaggio è stato immobile e a me piace bere i viaggi nei racconti degli altri, insieme a del buon vino fresco.

Ciò che mi dici del mondo invece mi delude: gli alberghi non erano un granché e le giornate mica sempre son state perfette e la gente, beh, quella è sempre troppa anche nel Borneo e poi è duro sai il rientro? Prossimo anno faccio come te che non sei andata in vacanza perché ti trovo proprio bene.

È duro anche per il me il tuo di rientro, lasciatelo dire, duro tanto quanto la tua tenacia nello sfornare lamentele mentre mi guardi che un po’ lo leggo il tuo fastidio nel vedermi felice con poco.

Talmente duro che me ne vado via, la sempliciotta che sono, vado dalla mia comare psicologa preferita perché ho bisogno di lei per sbrogliare ‘sta matassona brutta.

Serafina, mi sento destinata alla solitudine come l’Oscar di Gwyneth Paltrow, sparuta come Pete Doherty in rehab, a disagio come la Gregoraci nei panni di Mata Hari (ebbene sì, glielo hanno fatto fare, ndr). Io sono felice anche del poco ma pare che questo atteggiamento sia raro come un difetto speciale. Cosa si cela dietro a chi è ineluttabilmente scontento?

«Mia cara comare, credo che dietro alla depressione da rientro ci siano poche motivazioni, ma buone. Se per alcuni c’è la “banale” ripresa delle responsabilità della vita quotidiana  e l’idea di “dover” tornare a dedicare poco tempo a se stessi (in questi casi forse è meglio parlare di nostalgia da rientro), per alcuni, invece, c’è qualcosa di ancor più pesante di un macigno.

Le vacanze sono momenti rischiosi per quelli che le aspettano con bramosia e grandi aspettative di risoluzione di conflitti interni e non, di rifugio da situazioni stressanti, di opportunità di incontri ed esperienze importanti; le vacanze ti si possono rivoltare contro come un boomerang e diventare una fonte di stress enorme. Le aspettative con cui si è partiti non sempre possono essere soddisfatte e la fine delle vacanze sancisce una ennesima sconfitta caratterizzata da un senso di frustrazione, delusione, aggressività, depressione. Già qualche giorno prima del rientro, facendo il punto della situazione, spesso capita di constatare che si è stanchi più di prima, che le esperienze fatte sono state deludenti e che il tempo trascorso con i propri cari è stato costellato da conflitti, nonostante il clima fosse più rilassato. La delusione può portare all’insorgere di uno stato depressivo: scoprire che il proprio malessere non migliora nonostante la pausa vacanziera porta a prendere coscienza dei propri disagi che fino ad oggi erano stati sottovalutati.

Non si potrà più attribuire solo alle difficoltà della quotidianità e alle relazioni difficili la responsabilità della propria non felicità e della propria insoddisfazione. Fermarsi  e contemplare il dentro può portare a capire che il proprio malessere non cambia di un millimetro nonostante ci si sposti di chilometri alla ricerca di situazioni “ottimali” per vivere».

Mi pare proprio che sia il solito problema del demandare a situazioni/luoghi/persone la propria felicità senza comprendere che se non la si trova nell’Io di certo non esiste al suo esterno. Ad esempio, vedo postare sui social foto stupende di tramonti mozza fiato, di boschi e mari, di cocktail branditi con sorrisoni ma poi, in fin dei conti, quanto si gioisce veramente di quesgli istanti e quanto si vuol far vedere che si è felici? Oddio, questa era un po’ marzulliana…

«Cara Elena, credo che condividere compulsivamente la propria vita emozionale su Facebook, Instagram e simili è semplicemente un tentativo di farsi rassicurare dal mondo online che tutto stia procedendo per il meglio, a botte di “mi piace”, per non confrontarsi con quella delusione che ci portiamo addosso anche in vacanza, nel qui e ora.

Forse abbiamo solo bisogno di tornare a riappropriarci di una felicità discreta, velata e d’altri tempi, custodita, non esibita, la nostra gioia personale e soggettiva, imparare a riconoscere che per sentire la felicità forse non è necessario apparire felici».

E siccome Settembre is the new Gennaio, una bella lista di buoni propositi per il tuo capodanno potrebbe essere una buona idea e chissà che magari, a ‘sto giro, ti scappa anche di essere felice.