“Perfetti sconosciuti”

ovvero vita segreta ai tempi del colera multimediale

Un Post al Sole, più che una rubrica, una linea che si colloca tra elucubrazioni mentali e chiacchiere di comari. Ovviamente non ce n’era bisogno ma tant’è.

Un Post al Sole è un luogo non luogo creato da Elena Borghi (scenografa, illustratrice, paper artist, coltivatrice di parole dimenticate e comare) e da Serafina Schittino (psicologa, sessuologa, terapeuta non verbale e comare).

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Andare al cinema è una grande passione e può essere molto arricchente.
Imbattersi in un bel film può voler dire uscirne diverso da come sei entrato: più confuso, più consapevole, più interrogativo, più rassicurato, dipende.
Dopo aver visto “Perfetti sconosciuti”, il film di Paolo Genovese, le riflessioni che ne scaturiscono si aprono a matrioska nel mio cervello. Roba che non basta una pedalata verso casa per dipanare la matassa di pensieri, per dire.

%name “Perfetti sconosciuti”Già vincitore come miglior film ai David e miglior sceneggiatura al Tribeca, “Perfetti sconosciuti” è un film impegnativo dal punto di vista delle riflessioni ma del tipo che può venirti anche voglia di chiamare lo psicologo. E allora perché non farlo? La fortuna vuole che Serafina Schittino oltre a essere mia amica e psicologa sia anche una mia vicina di casa così ci diamo appuntamento sul pianerottolo per un bisogno irrefrenabile di chiacchiere illuminanti attorno al concetto di telefonino, uso dei social e vita segreta ai tempi del colera multimediale.
Sì, perché un po’ pandemia lo è, siamo onesti. Così come dice il bravo Marco Giallini nei panni di Rocco, brandendo uno smart phone in “Perfetti sconosciuti”: «Questa è la nostra scatola nera. Qua dentro ci abbiamo messo tutto». È bastato un attimo e ti sei ritrovato ad avere tre vite: una pubblica, una privata e una segreta e, considerando il casino che comporta gestirne anche solo una, non è difficile comprendere che questa pandemia è un bel po’ impegnativa.

%name “Perfetti sconosciuti”Era così anche prima dello smart phone, non credi Serafina? I segreti ci sono sempre stati oppure sono un’esclusiva touchscreen?
Indubbiamente era così anche prima delle moderne tecnologie ma il guaio di oggi è che i segreti si svelano. Mentre un tempo il segreto lo custodivi, lo accudivi e lo curavi oggi sembra non essere più così e lasci che sia un tuo prolungamento meccanico, tecnologico, a fare per te.
Le persone che custodiscono un segreto sono persone sfinite. In “Perfetti sconosciuti” dicono che, a un certo punto, si è un po’ come dei serial killer: si fa in modo di venire scoperti.
Credo ci siano diversi livelli di tendenze e diversi tipi di segreti che vengono custoditi in diversi tipi di mediatori tecnologici. Ci sono i segreti da Facebook, quelli da WhatsApp, quelli da SMS e da chiamate. In ogni caso, custodire un segreto nell’intimo del proprio Io sembra quasi impossibile.
Interessante! Così come ogni social ha un suo linguaggio e target di riferimento, così svilluppa anche una diversa tipologia di vita segreta?
Credo proprio di sì.
Ad esempio?
Facebook credo sia l’emblema dell’incontinenza, quello che mi verrebbe da chiamare il “segreto pubblico”, per dirlo con un ossimoro.
Mi permette di essere colto in flagrante senza poter esercitare controllo, vedi l’uso dei tag. Ad esempio: mi spaccio per malato a lavoro il venerdì e mi taggano in una gita fuori porta mentre sbevazzo e gozzoviglio senza che io mi curi minimamente di questa possibilità.
Prima del colera multimediale questa cosa si chiamava “segreto di Pulcinella” e le tag fuori controllo di amici e conoscenti erano lo spettegolamento delle comari dal panettiere.
ahahahahaha esattamente! Io lo preferivo!

E WhatsApp invece?
WhatsApp è un disastro, è il paradosso, è diabolico perché ci mette in continua comunicazione senza contatto, non ci sono silenzi, non c’è attesa. Il nostro stesso segreto è sotto gli occhi sempre, 24 ore su 24.
WhatsApp è il finto custode delle relazioni fitte, passionali, inconsulte.
C’è gente che invecchia davanti alla schermata aperta per controllare se il messaggio è stato recapitato, letto, se l’interlocutore sta scrivendo oppure no. Per non parlare della notifica ultimo accesso: vera e propria tortura che, a un certo punto, ti fa vedere la Vergine di Norimberga come un’opportunità.
ahahahahaha proprio così. E devo dire che con i miei pazienti capita spesso di imbattermi in vere e proprie relazioni o subrelazioni che ruotano intorno a questi dettagli, mia cara Elena.
Perché entra in gioco il tema del controllo, del riempimento del tuo tempo con il mio e se quindi non riempi il tempo con me e sei in linea, te lo starà riempiendo qualcun altro ‘sto tempo.
Ci credo mia cara Serafina! Chi di noi non conosce qualche amica/amico che soffre per colpa di WhatsApp e dei film che si gira in testa? Personalmente ho risolto il problema eliminandolo alla radice: evito le relazioni e ho estirpato il mio Ego per farci della grappa.
Ahahahahhahahahah cretina.

La cosa che forse è psicologicamente rilevante è il poter cancellare conversazioni o parti di esse, archiviarle, etc.
Capita di farlo, sì. Anzi sembra fondamentale, lì per lì. Ma basta far passare la relazione, del tempo e rileggere le conversazioni per sentirti una perfetta cretina no?
Quelle conversazioni ci sembrano “fuori da noi” perché le abbiamo riposte in una chat e questo ci fa sentire più leggeri, ci distanzia dal doverlo tenere dentro. Ma in termini psichici, dove vanno a depositarsi quelle conversazioni salvate?
Già, dove vanno? Ti prego dillo tu perché a me vengono in mente solo cose volgarissime.
Ok, non sarò volgare, sarò professionale.
Quello che intendo dire è che queste conversazioni così dense, intese, pregne, questi segreti così segreti, quando vengono affidati a tante parole scritte e poi cancellate o salvate, hanno realmente un contenuto psichico? Si fermano, riposano dentro di noi o vanno perdute?
Il problema di mettere tanto per iscritto in modo così istantaneo, non permette di godere.
Godere del segreto, della mancanza, della nostalgia, della clandestinità, che è il piacere che alimenta il segreto stesso.

Credo che in tutto questa fretta, questa impellenza, sia mediata dal vecchio e caro SMS.
SMS: il primo sintomo della pandemia che tutti hanno sottovalutato…
Devo dire di sì, ma credo che stia riacquistando un suo ruolo equilibratore sai?
L’SMS riporta alla distanza, al tempo più diluito, all’attesa, all’incertezza assoluta. Un po’ come le mail o, concedimelo anche se blasfemo forse, come la lettera su carta.
Confrontato a WhatsApp, l’SMS è come un orsetto del cuore che manda bacetti a un dittatore.
il segreto mediato dall’SMS è più formale, è più adulto forse, più contenuto, meno svelabile. Ricorro all’SMS quando non posso più accedere a WhatsApp, quando sono sotto il mirino e rischio la flagranza di reato. Perciò lo scelgo e mi contengo, misuro, calibro. Detto ciò i casini li ha fatti pure lui eh?
Credo proprio di sì.
Forse a oggi potrebbe essere considerato il nonno saggio di WhatsApp.

%name “Perfetti sconosciuti”Comunque fai bene a definirla pandemia l’avvento dei social perché lo è. Come dice Rolando Benenzon con un ossimoro: si tratta di una pandemia da isolamento condiviso.
Pensiamo di essere soli con i nostri segretucci e invece sono lì, sparsi ai quattro venti. Pensiamo di condividere gli eventi più meravigliosi della nostra vita, eppure siamo soli più che mai.
Ma tutto questo buttar fuori il dentro è più un male che un bene? Penso alla generazione dei nostri genitori, fatta di segreti tollerati, taciuti, sepolti insieme a corpi blindatissimi. Ora noi siamo all’eccesso contrario?
Sì, siamo all’eccesso contrario, ma credo sia una fase di transizione e ogni fase di transizione prevede delle cadute, delle perdite, delle vittime.
Vivendo molto i social mi rendo conto di come ci sia quasi un rifiuto a trattenere qualunque tipo di emozione. Ho visto persone perdere un caro, anche a seguito di eventi estremamente violenti, scrivere subito uno status a riguardo nel proprio profilo Facebook.

Lo so Elena cara. Siamo una generazione così o forse questo è un derivato della psicologia spiccia (condivisa anche da tanti colleghi) in cui veniamo esortati al: butta fuori!!!
Ma chi lo ha detto che sia la cosa migliore da fare?
Che poi quel “butta fuori” via chat o via status, non è detto che poi riveli la nostra vera essenza. Non mi fido di chi scrive troppo e vive poco la relazione, d’amore o di amicizia che sia. Men che meno mi fido di chi toglie da WhatsApp la visualizzazione sull’ultimo accesso!
Ahahahhahaha Hai ragione è una difesa che regge poco.
E puzza terribilmente di inquietante coda di paglia. Una puzza che mi fa pensare che se una persona ha paura di far vedere l’ultima volta che ha guardato il telefono, di certo ne ha altre di ben più gravi.
Io ritengo che il segreto debba rimanere tale. A volte è qualcosa di prezioso, d’innominabile, di sacro e di potente, di intimamente nostro che una volta svelato ci può al contrario indebolire.
I segreti sono gli arcani, gli arcani sono misteri che non tutti possono intendere per cui non tutti possono capire i nostri segreti.
Ce lo vedo l’ultimo dei vitelloni che viene beccato, sfoggiare questa tua ultima frase e risultare anche affascinante!

Per chiudere, cosa vogliamo dire a chi scopre e a chi viene scoperto?
Quando scopriamo il segreto dell’altro, per quanto possa farci male, per quanto possa essere un mistero per noi intenderne le ragioni, dobbiamo sapere che, nella misura in cui l’altro è in grado di prendersi le proprie responsabilità, forse dovremmo cercare di comprendere perché si trattava di un segreto, che funzione aveva quel segreto, che mistero profondo poteva nascondere e mi riferisco anche al più bieco dei tradimenti di coppia. Non solo autocritica ma anche critica dell’altro, in modo maturo, sano, facendo un passo indietro se necessario perché, come dice Jung: «Nel momento in cui pensiamo e diciamo di avere ragione siamo passati dalla parte del torto».

Grazie infinite Serafina per la tua disponibilità.

Mi permetto di aggiungere a quest’ultima tua riflessione che, se la misura in cui l’altro è in grado di prendersi le sue responsabilità è nulla, vuol dire che in fatto di gusti giusti hai ampio margine di migliorabilità. Segui sempre la freccia verso l’alto perché non meriti niente di meno.

Vado che c’ho la ceretta calda che mi aspetta. Allora ci vediamo per il Post al Sole di Giugno.

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Link:

Serafina Schittino 
Elena Borghi e leggi anche la nostra intervista!