POKEMON GO

Ovvero realtà aumentata di finzione concreta

Un Post al Sole, più che una rubrica, una linea che si colloca tra elucubrazioni mentali e chiacchiere di comari. Ovviamente non ce n’era bisogno ma tant’è.

Un Post al Sole è un luogo non luogo creato da Elena Borghi (scenografa, illustratrice, paper artist, coltivatrice di parole dimenticate e comare) e da Serafina Schittino (psicologa, sessuologa, terapeuta non verbale e comare).

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Qualche giorno fa ho visto una foto di Papa Bergoglio con addosso, a coprire i sacri paramenti, una giacca a vento gialla.

Il mio cervello ha compiuto un’inaspettata associazione mentale.

Tipo: PAPA > RARITA’ > GIALLO > PIKACHU > POKÉMON GO.

Considerazioni mentali conseguenti:

– chissà se ne hanno messi anche in Vaticano di mostri giapponesi?

– pensare seriamente di auto-sottopormi a T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio applicato in caso di motivata necessità e urgenza clinica, conseguente al rifiuto al trammento da parte di un soggetto con gravi patologie psichiatriche, ndr).

Appena esploso l’incredibile fenomeno dell’app più venduta di sempre Pokémon Go, (che a due mesi dal lancio registra un fisiologico calo di iscritti ma che comunque vanta, a oggi, ben 30milioni di persone attive al giorno) anche io, come molti altri, mi sono subito sentita in stato di guerra, buttata da quella parte della barricata in difesa dell’intelligenza umana, sostenuta a colpi di sbigottimento.

Tutti uniti, chi accovacciato, chi a pancia sotto, prendendo la mira, aspettando l’arrivo de “Gli Altri”, quelli che vanno in giro armati di smartphone, a caccia di una realtà visiva condita da mostriciattoli inesistenti da collezionare.

Nessuna pietà per il nemico, ci siamo detti in silenzio. Granate d’insulti, mitragliate di cattiverie, lotta corpo a corpo, se necessaria, armati di lingua tagliente come lama tesa a colpire chirurgicamente Ego o altri punti letali di questi poveretti che, ovviamente, poco hanno da spartire con me, con te, con tutta la barricata degli sbigottiti.

Eppure, tocca ammetterlo, qualcosa è cambiato anche per noi da quando ci sono “Gli Altri”, quelli che “magari avere Pikachu nella gabbia a forma di smartphone”.

Nel momento in cui una faccenda, per quanto sgradita, ha così tanto successo in tutte le latitudini del mondo, la tal cosa non può passare inosservata nemmeno tra coloro che la detestano.

E allora, proprio mentre armavo una missione aerea, prevista oggi all’alba e direttamente ispirata da Apocalypse Now, un diamante mi si è conficcato nel cervello e tutto mi è apparso illuminato.

Non esiste nessuna guerra, perché non esistono “Gli Altri”.

Non esistono “Gli Altri” perché io stessa vivo questa Terra, questo Mondo, ne sono parte integrante.

Stavo compiendo un grande errore, anzi due.

Il primo: sentirmi un essere superiore giudicante che guarda il mondo dall’esterno, come una specie di gigante in prossimità di un acquario o di una colonia di batteri. E il secondo, più grave: rievocare gli accordi de “Gli altri siamo noi” di Tozzi Umberto, un tormentone orrido che, francamente, credevo d’aver rimosso e che invece canticchierò per le prossime ore.

Ma la vita è così: anch’io sono un pesciolino di quell’acquario, anch’io vivo la gabbia dello smartphone, anch’io compio degli errori di gusto per riporli come scheletri nell’armadio del mio inconscio.

Avanti, andiamo a capire, semmai, mica a giudicare.

Ma da sola non ce la faccio, ho bisogno di condividere questi pensieri  tormentati così li racconto a Serafina, la mia comare psicologa preferita.

Trattasi di fuga dalla realtà parziale visto che è di realtà aumentata “live” che stiamo parlando. E allora ti chiedo, Serafina, ma ‘sta caccia ai mostri inesistenti, vuole allontanare dai propri mostri personali o vuole allenare a riconoscerli più in fretta?

«Perbacco Elena! Domanda tutt’altro che semplice, stavo bella tranquilla a stendere il mio bucato profumato fuori dal balcone e arrivi così, a gamba tesa?!

Per certo non credo aiuti a riconoscerli più in fretta, credo sia più qualcosa che permetta di allontanarsi dai propri di mostri, ma questo non significa allontanarli attraverso la conoscenza.

Secondo alcuni psicologi, soprattutto quelli che lavorano a braccetto con le case di produzione di videogiochi, Pokémon Go ha un valore terapeutico soprattutto per chi soffre di depressione e disturbi d’ansia, incoraggiando le persone a uscire fuori, fare passeggiate, parlare con gli altri, esplorare il mondo che li circonda. Certo, peccato che lo facciano attraverso lo smartphone che agisce come interfaccia alla vita vera.

Pokémon Go sembra aver funzionato da sblocco per alcuni, però in quella che io chiamerei una “irrealtà guidata”.

Ci sono altre voci che dicono che si tratta comunque d’isolamento prodotto dal gioco, ossia che conduce a evitare qualsiasi situazione in cui i giocatori possano sentirsi criticati o censurati, con conseguente reticenza e riluttanza a interagire con le persone che non condividono questo interesse.

Mettersi a catturare qualcosa in una “realtà aumentata” o, meglio, “realtà aumentata di finzione concreta e decisa da altri” ancor più di quanto non la si amplifichi già quotidianamente con le nostre interpretazioni puramente soggettive (infatti non esiste una realtà condivisa da tutti), è un po’ dare ancora meno voce al nostro inconscio che, al contrario, ha bisogno di molti più sogni e di molta meno realtà.

È nel sogno e in molte altre strade dell’inconscio che incontriamo i nostri mostri ed è lì che dovremmo perderci invece che tra vicoli e tangenziali, dribblando tra un Pikachu e un Rattata».

Aggiungerei che la dribblata è anche tra un pericolo e un altro visto che molta gente c’ha lasciato la pelle, quella reale, per seguire un mostro virtuale e incontrare invece la morte.

Già faccio fatica a rimanere ancorata alla realtà, scambiando paper visions per real visions e viceversa, figurati se posso permettermi di guardare un telefono che ritrae la realtà condita da esserini colorati che vedo solo lì dentro.

C’ho provato eh? Ma mi manda a male.

Anzi, facciamo che mi manda ammare e che questo weekend mi spiaggio come un Vaporeon in attesa del suo cacciatore, altro che trincea.