Approfittiamo delle vacanze per visitare la Biennale di Arte Nomade Europea a Palermo che quest’anno è anche Capitale Italiana della Cultura 2018.
La 12ma edizione di Manifesta dopo aver vagato in Europa approda e resta attiva, con tutto il suo fitto calendario di eventi collaterali, fino al 4 novembre.
La manifestazione nasce negli anni ’90 in Olanda da Hedwig Fijen in risposta al cambiamento politico, economico e culturale avviatosi alla fine della guerra fredda e con le conseguenti iniziative volte a facilitare l’integrazione sociale in Europa.
La scelta di Palermo non è stata affatto casuale in quanto è una città simbolo del meltin’pot in grado di interpretare il progetto sul quale si fonda Manifesta: riqualificazione urbana e sociale attraverso la cultura contemporanea.
Come una piattaforma di dialogo tra artisti e città ha coinvolto la comunità locale per produrre nuove esperienze creative, progetti site-specific e riscoprire luoghi chiusi al pubblico da lungo tempo.
Palazzi dal fascino decadente si mostrano in tutta la loro antica bellezza corrosa dall’abbandono, ospitando installazioni che toccano tematiche sociali importanti come l’immigrazione e la diversità.
E adesso iniziamo la nostra passeggiata alla scoperta delle sedi piú interessanti da visitare di questa edizione!
Base di partenza ed headquarter di Manifesta è il Teatro Garibaldi via Teatro Garibaldi 46, riaperto anch’esso per l’occasione, in cui il collettivo Wu Ming propone un’installazione attraverso una passeggiata urbana legata ai luoghi del colonialismo.
Proseguiamo a piedi per le vie dell’antico quartiere Kalsa per raggiungere il Giardino dei Giusti, in via Alloro 80, con l’installazione esperimento di Cooking Sections di una coltivazione di agrumi in siccità.
Palazzo Butera, in via Butera 18, é una location incredibile che sebbene sia ancora un cantiere con soffitti sventrati e stanze polverose incarna pienamente il fascino palermitano, sará per questo motivo che che é stata acquistata dai collezionisti Valsecchi. Ospita una collettiva che si dirama dalla stanza “tutti-frutti” di Fallen Fruit al pavimento/opera d’arte di Renato Leotta.
Adiacente troviamo un altro luogo di grande bellezza nella sua fatiscenza e un’invidibile posizione vista mare: Palazzo Forcella De Seta, Foro Italico Umberto I 21, una residenza ottocentesca con sale ispirate all’arte moresca che ricordano l’Alhambra di Granada per i pregiati intarsi, mosaici e decorazioni arabescanti. In questi suggestivi spazi é stata installata una monumentale opera: la montagna di sale di Patricia Aersenhout inoltre nelle stanze adiacenti sono proiettati alcuni toccanti documentari come Liquid Violence di Forensic Oceanography sulle tratte dei migranti nel Mediterraneo.
La prossima tappa é l’Orto Botanico, in via Lincoln 2, un’ottima occasione per visitare questa meraviglia in cui non abbiamo mai pensato di entrare ma soprattutto perderci! La sua vastitá e le opere da scovare tra foreste di bamboo e serre diventa quasi un percorso labirintico in questa increbile collezione botanica.
All’ingresso non perdete la nuova biblioteca nel Calidarium con un progetto di Radiceterna che vede coinvolti artisti del calibro di Mario Merz e Allora&Calzadilla.
Cambiamo quartiere e ci dirigiamo nei Quattro Canti attraversando piazze, fontane e chiese che si svelano quasi per caso uscendo da un minuscolo vicolo, i panni stesi fanno da sipario per il palcoscenico di una cittá unica nel suo genere. A piazza Vigliena i drappi di Matilde Cassani annunciano la nostra prossima tappa.
Palazzo Costantino, in via Maqueda, 215, ospita il lavoro dei Masbedo e quello di Matilde Cassani che con la sua opera “Tutto” mette in mostra una personale rielaborazione delle tradizioni del barocco siciliano, un racconto fotografico e video della perfomance che ha aperto Manifesta a testimonianza dell’importanza della celebrazione che porta Tutto a divenire simbolo di una memoria collettiva.
Si passa dal barocco siciliano all’architettura razionalista con la Casa del Mutilato in via Alessandro Scarlatti 12. Una costruzione inusuale se si osservano gli edifici nelle vie adiacenti che acceca per il suo biancore, realizzata nel ’36 su progetto dell’architetto Giuseppe Spatrisano, rappresentava per la propaganda del Regime non solo un luogo di celebrazione legata alla figura del mutilato di guerra come homo novus, ma anche un importante erogatore di servizi necessari per l’assistenza. Attualmente l’edificio in parte ospita uffici in parte é dismesso.
La Casa del Mutilato ospita la video installazione, Unending Lightning, dell’artista Cristina Lucas.
Foto di Marco Greco