L’ARTE PERFORMATIVA DI MATTEO LUCCA

In mostra a Milano da Tempesta Gallery

Un progetto che unisce arte, meditazione e consapevolezza del sé, del proprio corpo e dell’impronta che lascia sulla terra. In mostra dal 20 ottobre al 4 novembre Tempesta Gallery – Foro Bonaparte 68 Milano.

Osservo questo atto come se fosse una preghiera, un rito, prendersi cura, calarsi nella profondità di sé, anche attraverso il gioco spontaneo o la danza; da questo incontro nasce una misura plastica che fiorisce dalla terra frutto di una densità di senso che abita le impronte del corpo. È in quegli spazi di vuoto che il corpo occupava che risiede l’anima. L’impronta sulla terra di un corpo che medita porta nel suo vuoto la meditazione stessa, si fa preghiera”. Matteo Lucca

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Ph @sarahindriolo

Matteo Lucca, scultore e performer, intende investigare il rapporto della triade corpo, terra, anima attraverso la pratica dello yoga, la meditazione e la ricerca espressiva della danza.
Si parte dall’esplorazione dei gesti delle mani, ovvero i Mudra posizioni di piccole parti del corpo che in pochi secondi permettono di ritrovare equilibrio e benessere, e delle impronte che lasciano sull’argilla in un’azione di coinvolgimento dell’intero essere che si cala sempre di più nella materia originaria e nella relazione con essa. Ciò che resta dell’atto sono Terre di Preghiera, calchi che contengono le tracce del corpo che medita.

Mudra, in sanscrito, significa “sigillo” o “anello che si chiude”, questa traduzione è una chiara descrizione del movimento invisibile che risulta dal gesto che è in grado di muovere le energie nel corpo e agire sulle emozioni. Per realizzare alcune delle opere esposte abbiamo coinvolto 10 persone che seguendo le istruzioni di Silvia Bianco, autrice del libro “I Mudra delle Emozioni”, e guidate da Matteo Lucca nella manipolazione della materia grezza hanno dato vita con i loro gesti alle sculture imprimendo la dimensione delle proprie emozioni.

Paura, gioia, passione, orgoglio, delusione, estasi, speranza… Sono state racchiuse in una forma unica e diversa da chiunque che trattiene la forza e l’importanza del quì ed ora. Il calco finale è prodotto grazie alla forza impressa, alla forma delle mani di ogni persona, per questo ogni pezzo è unico e irripetibile.

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Ph @sarahindriolo

Abbiamo partecipato alla realizzazione di alcune opere e rivolto a Matteo alcune domande per approfondire il suo rapporto con la materia e non solo:

Come nasce il tuo interesse per l’arte e da dove.

E’ un’attitudine che ho sempre avuto fin da piccolo, ho seguito e assecondato questo impulso, grazie anche al sostegno dei miei genitori, in modo naturale e anche come via per dare voce a certi vissuti che chiedevano di essere espressi e che solo attraverso l’arte potevano parlare. Niente di nuovo, compresi i momenti di grande slancio creativo e quelli di conflitto nei quali ci si prendono lunghi periodi di assenza. È qualcosa con cui ci si accompagna anche quando non c’è.  

Il progetto Nostos mi ha compito e in generale il tuo approccio fisico alla materia. Ci racconti com’è nato.

Anni fa per risolvere una questione tecnica di un lavoro provai a lasciare sull’argilla l’impronta del mio viso ruotando da un orecchio all’altro. Quella banale occasione mi aprí degli spazi di ricerca diversi. In seguito mi avvicinai alla danza contemporanea e al lavoro con il corpo immaginando di trovare un modo per unire il movimento e la terra. Per anni sono stati episodi sporadici ma che sento sempre di più necessari. Il tema è l’impronta, il passaggio, la traccia che lascia il gesto di un corpo che danza. Quella traccia racconta molto del corpo attraverso la forma plastica del suo passaggio e della sua assenza. È qualcosa di spontaneo che mette al centro l’esperienza del gesto e lascia che tutto il resto accada. 

Nostos nasce come una sorta di danza Sufi fatta su un cilindro di terra. Tanto più giravo su me stesso tanto più entravo nella terra e la terra si apriva e plasmava per potermi accogliere. Il senso della nostalgia, da qui il titolo Nostos, fu davvero quello che provai una volta entrato completamente nel grembo della terra.

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L’approccio yogi si percepisce dei tuoi lavori, ci spieghi cosa lasci e cosa accogli con queste esperienze performative.

Quello che lascio è una traccia che vive del senso che ha guidato il gesto almeno, generalmente accolgo molto di più in quanto l’opera suggerisce spesso altro di inaspettato. Trattandosi di una traccia di me in qualche modo mi fa da specchio.

Parte delle tue opere “Terre di Preghiera” sono frutto di un workshop durante il quale diverse persone sono state coinvolte, io per prima mi sono sentita inizialmente intimorita dal contatto con l’argilla temendo un giudizio ma poi mi sono lasciata trasportare. Trovo che sia un modo per insegnare il senso del “bello”, quello che almeno oggi dovrebbe essere riconosciuto come tale, e non una gabbia di condizioni socialmente accettate.

Sono d’accordo. Trovo che l’esperienza del workshop sia stimolante proprio perché mette al centro la bellezza che c’è nella relazione, quel senso di appartenenza e di partecipazione lo sento estremamente ricco ed autentico… Mi fa stare bene.  Questa è una qualità del “bello” che mi affascina ma non escludo le altre, semplicemente vanno contestualizzate e sapute guardare.

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Ph @sarahindriolo

Matteo Lucca ha studiato all’Istituto Statale d’Arte di Forlì per poi laurearsi in scultura all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha partecipato a varie mostre collettive. Per le sue sculture, quasi sempre calchi presi dal vero, Lucca utilizza materiali quali il rame, il piombo, il ferro, la cartapesta, i tessuti, la porcellana e residui di studio. Spesso composte da vari materiali, le sue opere appaiono come moderne versioni dei calchi in gesso dei ritrovamenti degli scavi di Pompei ed Ercolano. Sono, anche le sue, figure reali, non idealizzate, che si presentano raramente integre e intatte ma piuttosto spezzate, frammentate e avvolte da strati di materia pellicolare che lascia intendere un inarrestabile scorrere del tempo. L’azione comportamentale, e quindi extrascultorea, ha un ruolo importante nell’opera di Lucca, che, tra l’altro, si è dedicato al teatro-danza nell’ambito di più generali interessi nei confronti della danza moderna e contemporanea.

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Tempesta Gallery nasce nell’anno del possibile cambiamento, il 2020, con la volontà dichiarata di intraprendere un dialogo diretto, aperto e frontale sui rapporti tra esseri umani, la Natura e i vari ecosistemi socio-culturali. Tematiche urgenti e non rimandabili, dall’antropocene al genere, affrontate con una nuova modalità di confronto e raffronto tra epoche e momenti diversi della storia dell’arte. Un’innovativa linea progettuale, voluta da Elisa Bonzano ed Enrico Angelino alla guida della galleria dal 2022, che oltrepassa i confini dell’ambito espositivo per essere uno spazio polifunzionale, un luogo dinamico che illustra il dialogo con artisti contemporanei, italiani e internazionali, e con la città di Milano.