STASIMUSEUM

Vivere in un regime che osserva, controlla e scheda

La Stasi, acronimo di Ministerium für Staatssicherheit ovvero Ministero della Sicurezza di Stato, la principale organizzazione di sicurezza e spionaggio della ex-DDR, si trova a Berlino nel quartiere di Lichtenberg. Un luogo che ricostruisce una fase oscura della Germania, creato nel febbraio del 1950 come una sorta di filiale del KGB, il servizio segreto dell’Unione Sovietica. Dal 1990, esattamente un anno dopo la caduta del muro, è divenuto Stasimuseum una struttura di particolare interesse e rilievo culturale per comprendere alcuni aspetti della vita reale di una parte di Germania dal secondo dopoguerra sino a pochi anni fa.

Più di 108 mila chilometri quadrati nel cuore d’Europa e circa 16 milioni di tedeschi separati dalla cortina di ferro per 40 anni, un isolamento politico e culturale che ha condotto allo sviluppo di uno stile unico in cui realismo socialista e avanguardia stilistica di movimenti come il Bauhaus si fondono in una corrente specifica che oggi viene riscoperta dal design contemporaneo come brutalism.

Su questa area ermeticamente chiusa verso l’esterno nel 1989 lavoravano circa 8000 persone. La Berlino di oggi non vuole dimenticare ma attraverso la testimonianza, la volontà di conservare la memoria di quanto quest’organismo complesso abbia generato, le sue attività, le sopraffazioni, gli abusi avere monito per il futuro.

Questo è stato possibile anche grazie ad un gruppo di dimostranti che il 15 gennaio 1990 si introdusse nel palazzo con lo scopo di preservare il mastodontico patrimonio di documentazione meticolosamente archiviato e registrato dalla Stasi nei suoi quarant’anni di lavoro che già molti funzionari del ministero si erano attivati per poter distruggere cancellando prove dei loro crimini. Da allora questi dimostranti si sono riuniti in un’associazione che promuove la ricerca e la memoria storica.

All’interno dell’edificio si percepisce la pressione di vivere in un regime che costantemente osserva, controlla e scheda. Cavi, proiettori a infrarossi, microfoni invisibili, microspie, ricetrasmittenti, barattoli in vetro con brandelli di tessuto per l’identificazione olfattiva dei sospetti e macchine fotografiche mascherate da oggetti di uso quotidiano.

Tra le sale, i corridoi espongono slogan e manifesti targati anni Sessanta e Settanta in cui la Stasi presenta la sua attività come prevenzione di sabotaggi, atti spionistici, un percorso attraversi la coercitiva formazione ideologica che avrebbe condotto all’indottrinamento a sostegno del sistema. Quì tutto è conforme all’immagine che la Stasi voleva dare di sé. Archivi che raccontano tante storie di uomini e donne uccisi, torturati o incarcerati perché sospettati di essere contrari alla rigorosa ideologia cui dovevano adeguarsi.

Sono stati preservati alcuni arredi originali come lo spazio privato dell’ultimo ministro Erich Mielke, fondatore della Stasi, la Haus 1 è stata riaperta nel 2012 e questi spazi dai quali Mielke dirigeva l’enorme apparato di spionaggio e repressione sono perfettamente conservati nel loro stato originale.

Il museo organizza regolarmente visite guidate sia all’interno della mostra che nell’ex archivio centrale.

Ph. Federico Torra

Testi di Modalità Demodè

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